sabato, agosto 30, 2008

mercoledì, agosto 27, 2008

PHILIP K. DICK - The Double: Bill Symposium: risposte a un questionario per scrittori ed editori di SF professionisti (1969)


Domanda 1: Per quale/i ragione/i, lei scrive fantascienza, preferendola ad altri generi di letteratura?


Il pubblico della fantascienza non è vittima dei pregiudizi della classe media e presta ascolto alle idee autenticamente nuove. Si pone meno l’accento sullo stile e più sul contenuto, o almeno così dovrebbe essere. E’ un genere maschile, e dunque il finale positivo non è richiesto, come invece succede nei generi narrativi dominati dalle donne. E’ una delle poche diramazioni della narrativa seria in cui lo humour giochi ancora un ruolo importante (rendendo dunque la SF ancor più completa, come l’opera di Shakespeare). Essendo uno dei più vecchi generi narrativi del mondo occidentale, dà corpo ad alcuni tra i sogni, i pensieri e gli aneliti più raffinati, antichi e lungimiranti di cui l’uomo è capace. In sostanza, è il genere narrativo più vasto e consente l’uso delle idee più potenti e avanzate a disposizione: nessuna idea può essere esclusa dalla SF; sono tutte pertinenti.



Domanda 2: Qual è, secondo lei, la ragion d’essere, il valore fondante della fantascienza?


Presentare in forma narrativa nuove idee ancora troppo difficili o troppo vaghe per essere presentate come fatti scientifici (p. es., la parapsicologia). Le idee non riducibili a un fatto scientifico non lo saranno mai, ma restano pur sempre affascinanti congetture – cioè, in altre parole, sistemi scientifici possibili o alternativi. Visioni del mondo cui non possiamo “credere” ma che ci interessano (così come, per esempio, troviamo interessante la visione medievale del mondo, pur non potendo più considerarla “vera”). Dunque, la SF ci presenta, oltre alla visione del mondo che adottiamo nella realtà, una vasta gamma di visioni “ipotetiche” [“as if” views]: queste visioni rendono la nostra mente flessibile. Siamo in grado di prendere in considerazione punti di vista alternativi o equivalenti al nostro.


Domanda 3: Come valuta la fantascienza in rapporto alla letteratura mainstream?


La SF non esplora le profondità delle relazioni interpersonali e umane: questo è il suo difetto; d’altra parte, su un piano puramente intellettuale, è molto più ricca di idee e visioni, risultando perciò superiore, da questo punto di vista, alla letteratura mainstream o di qualità. Inoltre (vedi sopra), non ha bisogno di far leva sullo stile, perché può svariare molto di più in termini di contenuto. Ma la SF (a eccezione di Bradbury) si addice ai giovani, più ottimisti, che non hanno ancora veramente sperimentato le durezze della vita; la narrativa di qualità invece – giustamente – preferisce occuparsi degli sconfitti, di quelli che hanno già perso qualche occasione… Dunque, la narrativa di qualità è più matura… ahimè!


Domanda 4: Crede che gli aspiranti scrittori possano trarre un beneficio dal fatto di essere appassionati del genere, intervenire sulle fantine e partecipare alle convention?


Un piccolo beneficio. Sarebbe utile se gli appassionati li facessero parlare, invece di tentare di istruirli. Parlare è compito dello scrittore: questi non deve mai trasformarsi in ascoltatore. Le idee della SF, però, non provengono dagli appassionati o, comunque, dall’ambiente: derivano – o almeno dovrebbero derivare – dal vasto mondo e, in particolare, dai suoi lidi più lontani. Da qualsiasi luogo, ma non dal giro degli appassionati.


Domanda 5: In base alla sua esperienza personale, quale/i fonte/i indicherebbe a uno scrittore principiante come la/e più feconda/e di idee per produrre storie di fantascienza?


Giornali che trattano delle più avanzate ricerche nel campo della psicologia clinica e, in particolare la scuola europea dell’analisi esistenzialista. C.G.Jung. Testi orientali come quelli sul buddismo zen, il taoismo ecc. Opere storiche realmente autorevoli – non le volgarizzazioni – come The Brutal Friendship. Opere medievali, soprattutto quelle che trattano di arti, come quella del soffiatore di vetro, e scienza, alchimia, religione ecc. La filosofia greca e la letteratura latina di ogni genere. Testi religiosi persiani. Studi rinascimentali di teoria dell’arte. Drammi tedeschi dell’epoca romantica.


Domanda 6: Crede che uno scrittore di fantascienza principiante dovrebbe concentrarsi sui racconti brevi invece che su romanzi, o viceversa? Perché?


Prima i racconti brevi, per imparare a padroneggiare questa forma più semplice. Poi, molto lentamente, lavorare a pezzi più lunghi – sulle venticinquemila parole, diciamo. Solo allora, affrontare un romanzo vero e proprio (circa sessantamila parole), basato sulla struttura di uno scrittore prescelto. Io, per esempio, per il mio primo romanzo mi sono basato su una struttura di A.E. Van Vogt. In seguito, acquistata più fiducia in me stesso, me ne sono allontanato. Assicurarsi, in ogni caso, di scegliere un autore esperto della forma romanzo (per esempio, non scegliete Ray Bradbury).


Domanda 7: Che suggerimenti può dare a uno scrittore principiante per quanto riguarda lo sviluppo di personaggi “realistici” e la scrittura di dialoghi efficaci?


Leggere scrittori moderni “di qualità”, soprattutto lavori brevi di Algren, Styron, Herb Gold e gli scrittori della cosiddetta New School, nonché gli ottimi scrittori di sinistra degli anni trenta come Dos Passos e Richard Wright, per risalire fino a Dreiser e Hawthorne, cercando di limitarsi agli scrittori americani (inclusi, ovviamente, Hemingway e Gertrude Stein), perché sono loro che hanno sviluppato il dialogo realistico. Provare anche i realisti francesi, come Flaubert, per la trama e la caratterizzazione. Evitare Proust e altri scrittori soggettivisti. Infine, studiare approfonditamente tutto James Joyce, dai suoi primi racconti brevi fino a Finnegans Wake.


Domanda 8: Crede che un romanzo efficace abbia bisogno di un messaggio o di una morale? Perché?


Assolutamente no! L’idea che un romanzo abbia bisogno di una morale o di un messaggio è profondamente borghese. Ai tempi dell’aristocrazia si riconosceva che non era compito dell’arte edificare o elevare: poteva avere successo grazie alla semplice capacità di impressionare. I quartetti d’archi di Mozart non sono edificanti, e ditemi quale sarebbe, per esempio, il messaggio o la morale dell’ultimo Beethoven. La musica è pura; anche la letteratura può esserlo, e tanto più lo diviene quanto più abbandona gli intenti edificanti o didascalici. Lo scrittore non ha alcuna autorità morale; non più del pubblico, comunque, e spesso meno di questo. Quale morale può mai insegnare? Quel che può fare è presentare le proprie idee.


Domanda 9: In che misura crede sia possibile determinare il punto di vista politico, religioso e morale di uno scrittore sulla base dell’esame delle sue storie?


Nel caso di un bravo scrittore, quest’operazione è impossibile. Solo un cattivo scrittore descrive il proprio punto di vista nei suoi lavori di narrativa. Comunque, è pur sempre possibile trovare pagine ben scritte in un testo “didascalico”. Al momento, però, non saprei citare un titolo (si pensi a Ray Bradbury: non c’è modo, leggendo le sue opere di capire quali ne siano le convinzioni personali; lo scrittore, in questo caso, scompare completamente e la storia si presenta da sé. Così, almeno, dovrebbe succedere). Credere che le convinzioni di un autore siano deducibili dai suoi scritti è uno degli errori capitali della critica letteraria: Freud, per esempio, compie ripetutamente questo terribile errore. Uno scrittore abile può adottare qualsiasi punto di vista richiesto dai suoi personaggi: su questo si misura la sua arte, la sua abilita nel liberare la propria opera dai pregiudizi personali.


Domanda 10: Nella realizzazione dei suoi scritti formativi, quale autore l’ha influenzata di più? Quali altri fattori – retroterra, istruzione ecc. – hanno avuto un’influenza rilevante?


L’autore che più mi ha influenzato è Van Vogt. Ma anche Tony Boucher (le sue osservazioni critiche, non i suoi scritti di narrativa). E mi ha influenzato anche l’interesse per i romanzieri giapponesi del dipartimento di francese dell’Università di Tokyo attivi dopo la seconda guerra mondiale. E l’interesse per la psicologia del profondo e le droghe. E quello per lo “strema of consciousness” à la Joyce. Oltre a questo – ma non lo raccomando agli aspiranti scrittori – l’”esaurimento nervoso”, che ho avuto a diciannove anni, a ventiquattro e poi ancora a trentatrè. Sofferenze di questo genere formano il tuo punto di vista, a spese, però, del tuo istinto di conservazione: si può migliorare come scrittori, ma il prezzo è troppo alto.


Domanda 11: Qual è, oggi, a suo parere, il limite più consistente della fantascienza?


L’incapacità di esplorare le sottili, intricate relazioni tra i sessi. Gli uomini, nel rapporto che instaurano con le donne, si cacciano nelle situazioni più complicate, e la SF ignora – o è incapace di affrontare questo fondamentale aspetto della vita adulta. Per questo motivo, la SF resta “pre-adulta” e dunque attira – più o meno – i “pre-adulti”. Se la SF esplorasse questo aspetto della vita non perderebbe i suoi lettori, quando questi raggiungono la maturità. La SF deve assolutamente risolvere questo problema o sarà sempre in ritardo, come lo è ora. Un’eccezione è costituita da Piano Meccanico, e io consiglio a tutti gli appassionati e soprattutto agli aspiranti scrittori di studiare approfonditamente, nel dettaglio, questo stupendo romanzo, che affronta esplicitamente la relazione tra il protagonista e la moglie.


[Tratto dal libro: "Philip K. Dick. Vita breve e felice di uno scrittore di fantascienza" - Universale Economica Feltrinelli, 1995]


domenica, agosto 17, 2008

venerdì, agosto 08, 2008

Baz 2.0: Shining