venerdì, settembre 28, 2007

L'uomo che ruba la vita degli altri

Come Zelig, si immedesima in chi gli sta davanti
Leonard Zelig esiste davvero. Il camaleontico protagonista del film cult di Woody Allen, nella realtà, ha le sembianze di A.D., napoletano, 65 anni, con una carriera da professionista bruscamente (e drammaticamente) interrotta da un disturbo comportamentale che non ha precedenti nel suo genere: si trasforma nel suo interlocutore, è medico quando ha a che fare con un medico, diventa un esperto di cocktail se si trova di fronte a un barman, è un cuoco provetto se entra in una cucina. La sua storia è raccontata dalla rivista medica inglese «Neurocase», che ha pubblicato uno studio di tre psicologi della casa di cura «Villa Camaldoli» di Napoli: Giovannina Conchiglia, Gennaro Della Rocca e Dario Grossi. Sono loro che studiano il caso di A.D., vittima due anni fa di un arresto cardiaco che ha provocato un’ipossia cerebrale con danni al lobo fronto-temporale. Una patologia grave, che può provocare disturbi della memoria e del comportamento. Ma che A.D. fosse colpito dalla «sindrome di Zelig», questo i medici proprio non se l’aspettavano.

«Abbiamo trattato molti casi di pazienti che imitano i gesti dei loro interlocutori, o che tendono a usare tutti gli oggetti che hanno davanti: si chiama sindrome da dipendenza a m b i e n t a l e » , spiega la dottoressa Conchiglia. Ma l’immersione di A.D. nel contesto in cui di volta in volta si trova è pressoché totale. Gli psicologi hanno eseguito una serie di test dai risultati sorprendenti. Lo hanno portato in un bar, e lui si è trasformato in barman. A chi gli chiedeva come si preparasse un determinato cocktail, ha risposto di essere ancora in prova: «Sono qui da due settimane, spero di avere il posto fisso». In cucina era un cuoco provetto: «Sono uno chef specializzato in menu per diabetici», ha spiegato senza un’ombra di esitazione, assolutamente immedesimato nella sua nuova identità. L’unico ruolo in cui non si è calato è stato, chissà perché, quello di addetto alla lavanderia della casa di cura. Ma per il resto, A.D. ha «rubato» il mestiere a tutte le persone che aveva davanti.

Psicologo fra gli psicologi, cardiologo fra i cardiologi, ha cercato anche di usare un linguaggio appropriato all’occasione. «Gli abbiamo fatto delle domande-trabocchetto a cui ha risposto con frasi passe-partout - racconta la dottoressa Conchiglia -. Al cardiologo che gli ha chiesto a quale patologia corrispondesse una determinata anomalia del battito cardiaco, ha replicato in modo generico ma più appropriato possibile. Ha detto: la domanda è troppo complessa, dipende da paziente a paziente ». Da perfetto «Zelig», A.D. usa inconsciamente una formidabile arma di difesa contro il suo involontario trasformismo: cancella totalmente dalla memoria la «parte» che ha appena sostenuto quando si tratta di sceglierne un’altra. Quando è un medico non è mai stato un barman o un libero professionista, nè sa dire nulla di quando sosteneva di saper cucinare alla perfezione. Ma sarebbe sbagliato dire che, durante i suoi numerosi e repentini trasferimenti di identità, l’uomo-camaleonte annulli completamente se stesso. «Qualsiasi ruolo assuma, non perde mai il suo carattere e la sua personalità.

Quel che maggiormente colpisce, piuttosto, è la capacità di adattarsi ai contesti sociali più diversi in cui viene a trovarsi », spiega ancora Giovannina Conchiglia. A.D. è in cura da due anni. Probabilmente non guarirà mai, anche se le terapie in day hospital a cui è sottoposto hanno consentito un lieve miglioramento delle sue condizioni. Anche se le crisi sono meno frequenti, l’uomo- camaleonte non è certo in grado condurre un’esistenza normale. Naturalmente la sua autonomia è limitata: la moglie e i figli, che riconosce e di cui ricorda quasi sempre i nomi, non lo perdono di vista per un istante anche a causa delle crisi di amnesia che lo colpiscono all’improvviso. Non esce quasi mai, e quando lo fa non lo lasciano solo.

Il suo mondo è circoscritto dalle mura di casa e da quelle della clinica in cui si reca per tenere sotto controllo la malattia. Il caso di A.D. è talmente particolare da avere indotto una rivista prestigiosa come «Neurocase» a pubblicare la relazione dei tre psicologi che hanno in cura il paziente. «La sindrome da dipendenza ambientale è piuttosto frequente - conferma la dottoressa Conchiglia -. Ma che io sappia non è mai capitato che un disturbo comportamentale abbia queste caratteristiche ». Tranne che nella finzione cinematografica e nella fantasia di un genio come Woody Allen, naturalmente. Da oggi, insomma, sappiamo che Leonard Zelig c’è davvero, e vive fra noi.

[Fulvio Milone, la stampa.it]

domenica, settembre 16, 2007

sabato, settembre 15, 2007

Un oscuro scrutare

Che spreco, pensò, per una casa davvero tanto bella. Quante cose si sarebbero potute fare con una casa come quella. Una donna, dei bambini, insomma una famiglia avrebbe potuto viverci. Per questo era stata progettata con tre camere da letto. Che spreco; che cazzo di spreco! […]
Pagò il tassista, tirò fuori le chiavi di casa ed entrò.
Immediatamente sentì che qualcosa lo stava scrutando: le olocamere. Non appena ebbe varcata la soglia. Solo… Nessun altro eccetto lui in casa. Falso! Lui e le olocamere, insidiose e invisibili, che lo guardavano e registravano. Qualsiasi cosa facesse. Qualsiasi suono emettesse. […]
Quello che dovrei fare, pensò, per tirarmi fuori da tutto questo, sarebbe di vendere la casa; del resto se ne cade a pezzi. Ma… io amo questa casa. Non se ne parla nemmeno!
E’ la mia casa.
Nessuno mi porterà fuori di qui.
Per qualsiasi ragione loro vorrebbero o vogliono farlo.
Supponendo, in tutto questo, che ci siano dei ‘loro’.
Potrebbero essere soltanto una mia immaginazione, questi ‘loro’ che mi stanno osservando. Paranoia. E se non fosse piuttosto un ‘esso’? L’’esso’ spersonalizzato.
Qualsiasi cosa sia ciò che mi sta osservando non è umano.
Non secondo i miei parametri, almeno. Non qualcosa che io possa riconoscere come tale.
Per quanto stupido possa apparire tutto ciò è spaventoso.
Mi si sta facendo qualcosa, ed è una cosa a farmelo, qui, nella mia casa Proprio davanti ai miei occhi.E proprio davanti agli occhi di qualcosa; sotto lo sguardo di una qualche cosa. Una cosa che, diversamente dalla piccola Donna dagli occhi scuri, non batte mai le palpebre.
Che cosa vede una camera? Si chiese. Voglio dire, che cosa vede per davvero? E fin dove? Anche dentro la testa? Anche giù dentro il cuore? Può una passiva telecamera a luci infrarosse, come quelle in uso un tempo, o un’olocamera tridimensionale, del tipo che si usa oggi, l’ultimo tipo, vedere fin dentro di me, fin dentro di noi, in modo chiaro? O in modo confuso, oscuro? Io spero possa, pensò, vedere con chiarezza, perché io non riesco a vedermi dentro oramai. Io vedo solo tenebre. Tenebre tutt’intorno; tenebre dentro. Spero, per il bene di ciascuno, che le olocamere facciano meglio. Perché, pensò, se all’olocamera è dato solo un oscuro vedere, nel modo in cui a me è dato, allora nostra è la maledizione, e ancora siamo maledetti, come lo siamo sempre stati, e così saremo tutti spinti verso la morte conoscendo poco o nulla, e quel poco, e quel nulla, conoscendolo male.
Dalla piccola libreria del soggiorno trasse un volume a caso; venne fuori, scoprì Il libro illustrato del sesso. Lo aprì a una pagina qualsiasi e gli capitò quella che mostrava un uomo che mordicchiava felice la tetta destra d’una pollastrella, ripresa in atteggiamento sospiroso; poi, come se stesse leggendo a se stesso dal libro, scandì a voce alta, col tono di chi cita qualche grande testa d’uovo di filosofo antico:
- Ogni singolo uomo vede soltanto una piccola porzione della verità complessiva; e molto spesso, in realtà quasi…

Weh! Steck’ ich in dem Kerker noch?
Verfluchtes dumpfes Mauerloch,
Wo selbst das liebe Himmelslicht
Trűb durch gemalte Scheiben bricht!

Beschränkt mit diesem Bűcherhauf,
Den Wűrme nagen, Staub bedeckt,
Den bi sans hohe.
*

…sempre, egli deliberatamente s’inganna anche su questo piccolo prezioso frammento. Una parte di se stesso gli si rivolta contro e prende ad agire come se fosse un’altra persona, distruggendolo dall’interno. Un uomo all’interno di un altro uomo. Il che vuol dire nessun uomo del tutto. –
Annuendo, come se fosse rimasto commosso dalla saggezza di quelle parole che non erano nemmeno scritte sulla pagina, chiuse il grosso volume rilegato in rosso, con stampato in caratteri dorati il titolo Il libro illustrato del sesso, e lo rimise sullo scaffale. Spero che le olocamere non facciano una zoomata sulla copertina di questo libro, pensò, e mi mandino all’aria la beffa.

_______________________________

*Ahi, ancora nel carcere mi trovo?/ cupo, maledetto buco, / dove anche l’amata luce del cielo / torbida rompe tra lastre dipinte! / Costretto da questa massa di libri / che i vermi rodono, la polvere ricopre / fino alla cima.


[Brano tratto da "A scanner darkly" (un oscuro scrutare, scrutare nel buio) Philip K. Dick]

Io e Annie, Woody Allen

L'abbraccio

Le braccia che forti avvolgono il collo
energiche esprimono ciò che è proibito
ma non si controlla le pulsazioni e il sentimento.
E il tremito,
testimone di una coscienza combattuta
non accenna a scomparire.
Si ritrae piangente e vaga
e la dolcezza allora espressa è infinita
e m’è cara una sua carezza
che leggera si leva dalla mano.

sabato, settembre 08, 2007

Purple & Brown

mercoledì, settembre 05, 2007

I serotini sono più creativi?

Qualche tempo fa abbiamo parlato della cronotipia, ossia del continuum di schemi di sonno individuali che va dalle allodole estreme (i "mattutini"), che si addormentano al primo accenno di crepuscolo, ma che si svegliano prima dell'alba, ai gufi estremi ( i "serotini" ) che stanno svegli fino a tardi e si svegliano quando il sole è già alto.
Fra questi due estremi si colloca la maggiorparte delle persone che [...]

[Leggi l'articolo per intero]





Scopri se sei un serotino o un mattutino: compila il test.

[Articolo tratto da: Psicocafè]

martedì, settembre 04, 2007