domenica, dicembre 31, 2006

La città-fantasma


Che ci fa una foto sgranata nella sezione delle Foto del Giorno, che solitamente contiene le immagini più spettacolari? È qui perché anch’essa ha la sua straordinarietà: questo scatto infatti coglie uno dei più grandi miraggi mai registrati al mondo. È quello che è comparso di fronte alla città cinese di Penglai il 5 maggio del 2005, ripetendosi poi in modo meno intenso nello stesso giorno del 2006.
Per diverse ore è emersa, su una sponda inesistente al di là del mare, un’intera città-fantasma con tanto di case, persone e automobili. Secondo alcuni si tratterebbe di una cittadina coreana distante qualche centinaio di chilometri e visibile grazie a un fenomeno di rifrazione atmosferica. La faccenda rimane comunque avvolta nel mistero con l’unica certezza di aver lasciato a bocca aperta migliaia di spettatori.
Per stupirvi anche voi guardate i video dei miraggi del 2005 e del 2006 (dal sito ufficiale della città di Penglai).

[Tratto da www.focus.it]

martedì, dicembre 26, 2006

25.12.2006 ore 9:47 - E' morto il re del soul James Brown

WASHINGTON - Per decenni il pubblico di tutto il mondo lo ha acclamato come il ''re'' della musica soul. Con James Brown, il cantante nero statunitense morto oggi in un ospedale di Atlanta all'eta' di 73 anni, scompare una figura leggendaria del mondo dello spettacolo. Ha saputo trasformare il gospel in ''rhythm e blues'' e creare un genere soul del tutto originale, il funk, con i suoi ritmi incalzanti. Era stato ricoverato ieri sera per una polmonite acuta.

Brown, che si era autodefinito "il padrino del soul", ha fatto scuola anche sul palcoscenico, con la sua fisicita' dirompente, che ha influenzato successivamente cantanti del calibro di Mick Jagger e Iggy Pop.

Alle spalle ha avuto un'infanzia difficile: nato da una famiglia poverissima della Carolina del Sud nel 1933, a sei anni viveva in un bordello ad Augusta, Georgia, e per pagarsi l'affitto lavorava come lustrascarpe e nelle piantagioni di cotone. A otto anni provava a rubare la sua prima macchina e finiva in un riformatorio. E' qui che avviene la sua svolta perche' conosce Bobby Byrd ed entra nel suo gruppo di gospel, prima di fondare , nel 1952, la propria band ''The Flames''.

Nel 1956 scrive "Please, Please, Please", ed e' il successo mondiale, consacrato nel 1961 con la registrazione dal vivo, nel tempio della musica nera dell'Apollo Theatre ad Harlem, di un album diventato un vero e proprio culto, con canzoni come ''I got you (I feel good) '' e ''Get up (I feel like being a sex machine)''.

Capace di suonare 350 serate all'anno, James Brown si trasforma, con la ricchezza, in un esempio di ''capitalismo nero'' , ben prima che il termine fosse inventato; apre ristoranti e negozi ed esorta i suoi concittadini di colore a vivere il ''sogno americano''.

Il giorno dell'assassinio di Martin Luther King, tiene un concerto teletrasmesso, invitando la popolazione alla calma. Il presidente Lyndon Johnson lo ringraziera' per questo. Negli anni ottanta diviene anche un volto cinematografico, interpretando il ruolo del predicatore nei 'Blues Brothers'' e cantando una delle sue canzoni piu' note "Living in America" nel film Rocky IV.

[notizia tratta da www.ansa.it]

giovedì, dicembre 21, 2006

Impossibile ripetere la stessa azione la colpa è del cervello "che improvvisa"

I risultati di una ricerca della Stanford University sui macachi
La pianificazione dei movimenti avviene sempre in modo diverso


ROMA - Quante volte ci capita, nell'arco di una giornata, di non riuscire a ripetere un'azione nello stesso identico modo? Non si tratta di mancanza di abilità. Accade anche ai campioni alle prese con il tiro libero decisivo per la partita. Allora, forse sbagliamo qualcosa nei movimenti? Secondo i ricercatori della Stanford University non è questa la spiegazione. Monitorando i circuiti cerebrali di un gruppo di macachi impegnati in test in cui dovevano afferrare degli oggetti, gli esperti hanno riscontrato delle piccole variazioni neurali nell'attività preparatoria del movimento e predittive della sua riuscita. Secondo la ricerca di Afsheen Afshar al cervello piace improvvisare cambiando i comandi ogni volta che deve eseguire un'azione.

Per quanto possiamo essere bravi ed allenati ad eseguire una mossa, questa non ci riuscirà ma nello stesso identico modo proprio perché il cervello non pianifica le azioni, anche se ripetute tante volte, sempre nello stesso modo. Questa "difficoltà", conclude lo studio - pubblicato sulla rivista Neuron - si traduce in un limite nell'esecuzione del movimento. Ecco perché nessun atleta professionista potrà mai eseguire lo stesso movimento vincente tutte le volte che vuole.


[Articolo del 20/12/2006 comparso su www.repubblica.it]


lunedì, dicembre 18, 2006

Henry Cartier-Bresson a Milano dal 30 novembre al 25 marzo 2007


Mostra da non perdere allo spazio Forma a Milano: stampe contemporanee, stampe originali d'epoca, libri, opere d'arte e oggetti personali appertenuti all'artista...


Forse il migliore, forse no, di fatto il più famoso di tutti i fotografi del mondo. Ad Henry Cartier-Bresson - a Milano dal 30 novembre al 25 marzo 2007 - è dedicata la mostra "Henri Cartier-Bresson: di chi si tratta?".
Sono 200 le stampe contemporanee - tra queste alcune inedite - e 50 le stampe d'epoca originali esposte presso il Centro Internazionale di Fotografia Forma, P.zza Tito Lucrezio Caro 1, tel. 02.5811.8067.
Oltre alle foto anche documenti e disegni originali, film documentario sul fotografo e altri film realizzati da Cartier Bresson. La mostra è arricchita da una serie di opere d'arte raccolte personalmente dall'autore, da foto di famiglia e libri.
La mostra è stata preparata - dalla fondazione Cartier Bresson e dalla leggendaria agenzia fotografica Magnum Photos - quando Cartier Bresson era ancora in vita, quindi sotto la sua diretta supervisione.

Henri Cartier-Bresson - Biografia

Cartier Bresson nasce il 22 agosto 1908 a Chanteloup, a poche decine di chilometri da Parigi, da una famiglia della ricca borghesia.
Il giovane Henry è uno spirito curioso, che si interessa di pittura e di letteratura. Frequenta i surrealisti, poi parte per un lungo viaggio, un anno in Costa d'Avorio, nel 1931.
Cartier-Bresson compra una Leica e comincia a girovagare per la Francia, la Spagna, l'Italia e il Messico. Qui, nel '33 espone la sua prima mostra fotografica importante.
Nel 1935 l'avventura americana, l'amicizia con Paul Strand e una nuova passione: il cinema.
Cartier Bresson torna in Europa e lavora come assistente del grande regista Jean Renoir.
Poi la Guerra. L'artista partecipa alla Resistenza francese. Nel '47 fonda, assieme a Robert Capa e David Seymour l'agenzia Magnum.
Cartier Bresson muore a Parigi, a 95 anni, il 2 agosto 2004.

Di Cartier Bresson e della sua inseparabile Leica si è detto e scritto di tutto. Forse meno della cosa più importante: la sua insaziabile curiosità per le cose del mondo.
In fondo la macchina fotografica è soltanto un mezzo per comunicare emozioni.

Per quanti hanno sentito tanto parlare di lui ma ancora non lo conoscono "personalmente" la mostra di Milano è un'occasione da non perdere.


Orario
tutti i giorni dalle 10 alle 20
giovedì dalle 10 alle 22
chiuso il lunedì

Prezzo biglietto
Intero: 6,50 euro
Ridotto: 5 euro
Scuole: 3 euro


[Articolo tratto da www.dphoto.it]


«Non è la mera fotografia che mi interessa. Quel che voglio è catturare quel minuto, parte della realtà.»

«Le fotografie possono raggiungere l'eternità attraverso il momento.»

[Henry-Cartier Bresson]

domenica, dicembre 17, 2006

Pictures of the year 2006


Gli editori del Time presentano il miglior fotogiornalismo del 2006. Guarda.

martedì, dicembre 12, 2006

Afterhour a Firenze

Martedì 12 e mercoledì 13 dicembre 2006 saranno nuovamente a Firenze gli Afterhour con il tour "Ballads for little hyenas" (ballate per piccole iene), stavolta in concerto - a partire dalle 21,15 - all'auditorium Flog del Poggetto. (altre date)


Afterhour
Ballate per Piccole Iene - 2005 - Mescal

E' inutile presentare la band degli Afterhours. Basti pensare al fatto che l'uscita di questo disco è stata posticipata per soddisfare la richiesta live talmente grande da diventare sold out anche per due giorni consecutivi nella stessa città. Gli Afterhours sono ormai entrati di diritto nell'olimpo delle band italiane più amate dal pubblico e le attese per il successore di "Quello che non c'è" erano sicuramente altissime.

Manuel Agnelli ha nel frattempo conosciuto Greg Dulli (ex-Afghan Whigs, ora Twilight Singers) con il quale sono prima nate collaborazioni reciproche dal vivo, poi ripetute anche in studio. "Ballate per piccole iene" è il risultato di questo lungo studio di sonorità supervisionate da un grande produttore come John Parish (P.J. Harvey, Eels, Sparklehorse, Tracy Chapman). Quello che ne è uscito è un album intenso come già gli Afterhours ci hanno abituati in passato, ma che acquista sempre più consapevolezza ed equilibrio.

Anche questa volta le emozioni vengono toccate tutte, da quelle più rabbiose a quelle più struggenti, già da "La sottile linea bianca" che apre il disco con un inciso ipnotico e feedback spinti all'estremo. Segue "Ballata per la mia piccola iena", che con il suo straordinario crescendo vocale oltre a richiamare il titolo del disco è anche il primo singolo estratto. Il rock più duro prende forma sulle potenti distorsioni di "E' la fine la più importante", mentre si smorzano i toni diventando velati sull'onda della ballata intitolata "Ci sono molti modi".

Questo disco è ricco di tutta quella passione che gli Afterhours ci hanno regalato anche nei precedenti lavori e lo si nota grazie a tracce come "La vedova bianca", "Male in polvere" o "Chissà com'è", dove il dialogo tra violino e chitarra tesse trame molto coinvolgenti. La carica emotiva di brani come "Il sangue di Giuda" o "Il compleanno di Andrea" lasciano spiazzati per l'ennesima volta, arricchendo un giardino sonoro perfetto, curato in ogni dettaglio e colorato dalle più accese sensazioni.



Tracklist
La sottile linea bianca
Ballata per la mia piccola iena
E' la fine la più importante
Ci sono molti modi
La vedova bianca
Carne fresca
Male in polvere
Chissà com'è
Il sangue di Giuda
Il compleanno di Andrea

(tratto da http://www.kdcobain.it)

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Ci Sono Molti Modi

E' quello che sai che ti uccide o è quello che non sai
a mentire alle mani, al cuore, ai reni
lasciandoti fottere forte
per spingerti i presagi
via dal cuore su in testa, sopprimerli
non sai
non sai
che l'amore è una patologia
saprò come estirparla via
torneremo a scorrere
torneremo a scorrere
Eroe del mio inferno privato
se in giro di routine
verso il vuoto con classe
è tutto ciò che avrai
perchè quando il dolore è più grande
poi non senti più
e per sentirti vivo
ti ucciderò
ti ucciderò
vedrai
vedrai se il mio amore è una patologia saprò come estirparla via
torneremo a scorrere
torneremo a scorrere
torneremo a scorrere
torneremo a scorrere
lo sò
lo sò che il mio amore è una patologia vorrei che mi uccidesse ora


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Tutto Fa un pò Male

Sai che la fortuna è una religione:
tu ci credi oppure no,
lo capiremo prima o poi
che non c'è modo di rinascere senza peccare.
Ma tu hai voglia di rinascere,
è solo che non sai come finire.

E forse fa un po' male, forse fa un po' male.
Ma tutto fa un po' male, tutto fa un po' male.

Quello che sognavi ti fa ridere
da quando sai che non lo puoi più avere.
Ma l'odio è un carburante nobile
e scommetto che non è così male.
Tradirsi con rispetto, perchè vivere è reale.
E vivere così, non somiglia a morire?

E forse fa un po' male, forse fa un po' male.
Ma tutto fa un po' male, tutto fa un po' male.

E forse fa un po' male, forse fa un po' male.
Ma tutto fa un po' male, tutto fa un po' male

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"Nel tuo piccolo mondo fra piccole iene
anche il sole sorge solo se conviene."


[Afterhour]



mercoledì, dicembre 06, 2006

PHOTOSOPHIA - Onanismi mentali su vita e fotografia


Il termine fotografia deriva da due parole greche: photos - ossia luce – e graphos – disegnare, scrivere. Disegnare con la luce, quindi, la realtà, o una realtà: quella vista dagli occhi del fotografo, che quasi sempre esalta, sottolinea, rende incisiva la realtà oggettiva.

Immaginiamo la vita come la fotografia e la nostra visione di essa come la visione che della realtà ha il fotografo. La guardiamo pertanto attraverso un mirino nel quale componiamo la scena e cerchiamo di vederla da diverse angolazioni, cercando quella più d’effetto, quella che si avvicina di più ai nostri canoni di bellezza rispettando o stravolgendo i fotèmi classici, ma non sempre ci riusciamo. La luce imprime la realtà artefatta dalla sapiente arte del fotografo sulla pellicola. Abbiamo così un negativo e una stampa esattamente opposta a quella realtà impressa sulla celluloide. La realtà nelle sue due forme, nessuna scindibile dall’altra, bensì complementare: se una non esistesse l’altra non esisterebbe di conseguenza. Lo stesso identico scatto visto in due modi diversi.

Ma come componiamo la nostra scena? Come creiamo la nostra realtà?

Possiamo decidere di inquadrare un particolare e concentrarci su quello. Possiamo curare la resa di quel singolo dettaglio fino all’ossesso, cercando di dargli un senso che però sarà scisso dal tutto.

Oppure siamo quel tipo di fotografi a cui piacciono le vedute di ampio respiro, dove tutto quello che includiamo nella scena per noi ha un senso riposto nelle segrete interconnessioni con ciò che lo circonda? Nel primo caso probabilmente ci perderemo concetti importanti, analizzando troppo il dettaglio. Nel secondo, probabilmente, se non fossimo dotati di abile regia, rischieremo di confondere la scena.

La soluzione? E’ nello zen. Il libero fluire dell’arte. Che la foto si componga da sé.

[C.F.]