domenica, dicembre 31, 2006

La città-fantasma


Che ci fa una foto sgranata nella sezione delle Foto del Giorno, che solitamente contiene le immagini più spettacolari? È qui perché anch’essa ha la sua straordinarietà: questo scatto infatti coglie uno dei più grandi miraggi mai registrati al mondo. È quello che è comparso di fronte alla città cinese di Penglai il 5 maggio del 2005, ripetendosi poi in modo meno intenso nello stesso giorno del 2006.
Per diverse ore è emersa, su una sponda inesistente al di là del mare, un’intera città-fantasma con tanto di case, persone e automobili. Secondo alcuni si tratterebbe di una cittadina coreana distante qualche centinaio di chilometri e visibile grazie a un fenomeno di rifrazione atmosferica. La faccenda rimane comunque avvolta nel mistero con l’unica certezza di aver lasciato a bocca aperta migliaia di spettatori.
Per stupirvi anche voi guardate i video dei miraggi del 2005 e del 2006 (dal sito ufficiale della città di Penglai).

[Tratto da www.focus.it]

martedì, dicembre 26, 2006

25.12.2006 ore 9:47 - E' morto il re del soul James Brown

WASHINGTON - Per decenni il pubblico di tutto il mondo lo ha acclamato come il ''re'' della musica soul. Con James Brown, il cantante nero statunitense morto oggi in un ospedale di Atlanta all'eta' di 73 anni, scompare una figura leggendaria del mondo dello spettacolo. Ha saputo trasformare il gospel in ''rhythm e blues'' e creare un genere soul del tutto originale, il funk, con i suoi ritmi incalzanti. Era stato ricoverato ieri sera per una polmonite acuta.

Brown, che si era autodefinito "il padrino del soul", ha fatto scuola anche sul palcoscenico, con la sua fisicita' dirompente, che ha influenzato successivamente cantanti del calibro di Mick Jagger e Iggy Pop.

Alle spalle ha avuto un'infanzia difficile: nato da una famiglia poverissima della Carolina del Sud nel 1933, a sei anni viveva in un bordello ad Augusta, Georgia, e per pagarsi l'affitto lavorava come lustrascarpe e nelle piantagioni di cotone. A otto anni provava a rubare la sua prima macchina e finiva in un riformatorio. E' qui che avviene la sua svolta perche' conosce Bobby Byrd ed entra nel suo gruppo di gospel, prima di fondare , nel 1952, la propria band ''The Flames''.

Nel 1956 scrive "Please, Please, Please", ed e' il successo mondiale, consacrato nel 1961 con la registrazione dal vivo, nel tempio della musica nera dell'Apollo Theatre ad Harlem, di un album diventato un vero e proprio culto, con canzoni come ''I got you (I feel good) '' e ''Get up (I feel like being a sex machine)''.

Capace di suonare 350 serate all'anno, James Brown si trasforma, con la ricchezza, in un esempio di ''capitalismo nero'' , ben prima che il termine fosse inventato; apre ristoranti e negozi ed esorta i suoi concittadini di colore a vivere il ''sogno americano''.

Il giorno dell'assassinio di Martin Luther King, tiene un concerto teletrasmesso, invitando la popolazione alla calma. Il presidente Lyndon Johnson lo ringraziera' per questo. Negli anni ottanta diviene anche un volto cinematografico, interpretando il ruolo del predicatore nei 'Blues Brothers'' e cantando una delle sue canzoni piu' note "Living in America" nel film Rocky IV.

[notizia tratta da www.ansa.it]

giovedì, dicembre 21, 2006

Impossibile ripetere la stessa azione la colpa è del cervello "che improvvisa"

I risultati di una ricerca della Stanford University sui macachi
La pianificazione dei movimenti avviene sempre in modo diverso


ROMA - Quante volte ci capita, nell'arco di una giornata, di non riuscire a ripetere un'azione nello stesso identico modo? Non si tratta di mancanza di abilità. Accade anche ai campioni alle prese con il tiro libero decisivo per la partita. Allora, forse sbagliamo qualcosa nei movimenti? Secondo i ricercatori della Stanford University non è questa la spiegazione. Monitorando i circuiti cerebrali di un gruppo di macachi impegnati in test in cui dovevano afferrare degli oggetti, gli esperti hanno riscontrato delle piccole variazioni neurali nell'attività preparatoria del movimento e predittive della sua riuscita. Secondo la ricerca di Afsheen Afshar al cervello piace improvvisare cambiando i comandi ogni volta che deve eseguire un'azione.

Per quanto possiamo essere bravi ed allenati ad eseguire una mossa, questa non ci riuscirà ma nello stesso identico modo proprio perché il cervello non pianifica le azioni, anche se ripetute tante volte, sempre nello stesso modo. Questa "difficoltà", conclude lo studio - pubblicato sulla rivista Neuron - si traduce in un limite nell'esecuzione del movimento. Ecco perché nessun atleta professionista potrà mai eseguire lo stesso movimento vincente tutte le volte che vuole.


[Articolo del 20/12/2006 comparso su www.repubblica.it]


lunedì, dicembre 18, 2006

Henry Cartier-Bresson a Milano dal 30 novembre al 25 marzo 2007


Mostra da non perdere allo spazio Forma a Milano: stampe contemporanee, stampe originali d'epoca, libri, opere d'arte e oggetti personali appertenuti all'artista...


Forse il migliore, forse no, di fatto il più famoso di tutti i fotografi del mondo. Ad Henry Cartier-Bresson - a Milano dal 30 novembre al 25 marzo 2007 - è dedicata la mostra "Henri Cartier-Bresson: di chi si tratta?".
Sono 200 le stampe contemporanee - tra queste alcune inedite - e 50 le stampe d'epoca originali esposte presso il Centro Internazionale di Fotografia Forma, P.zza Tito Lucrezio Caro 1, tel. 02.5811.8067.
Oltre alle foto anche documenti e disegni originali, film documentario sul fotografo e altri film realizzati da Cartier Bresson. La mostra è arricchita da una serie di opere d'arte raccolte personalmente dall'autore, da foto di famiglia e libri.
La mostra è stata preparata - dalla fondazione Cartier Bresson e dalla leggendaria agenzia fotografica Magnum Photos - quando Cartier Bresson era ancora in vita, quindi sotto la sua diretta supervisione.

Henri Cartier-Bresson - Biografia

Cartier Bresson nasce il 22 agosto 1908 a Chanteloup, a poche decine di chilometri da Parigi, da una famiglia della ricca borghesia.
Il giovane Henry è uno spirito curioso, che si interessa di pittura e di letteratura. Frequenta i surrealisti, poi parte per un lungo viaggio, un anno in Costa d'Avorio, nel 1931.
Cartier-Bresson compra una Leica e comincia a girovagare per la Francia, la Spagna, l'Italia e il Messico. Qui, nel '33 espone la sua prima mostra fotografica importante.
Nel 1935 l'avventura americana, l'amicizia con Paul Strand e una nuova passione: il cinema.
Cartier Bresson torna in Europa e lavora come assistente del grande regista Jean Renoir.
Poi la Guerra. L'artista partecipa alla Resistenza francese. Nel '47 fonda, assieme a Robert Capa e David Seymour l'agenzia Magnum.
Cartier Bresson muore a Parigi, a 95 anni, il 2 agosto 2004.

Di Cartier Bresson e della sua inseparabile Leica si è detto e scritto di tutto. Forse meno della cosa più importante: la sua insaziabile curiosità per le cose del mondo.
In fondo la macchina fotografica è soltanto un mezzo per comunicare emozioni.

Per quanti hanno sentito tanto parlare di lui ma ancora non lo conoscono "personalmente" la mostra di Milano è un'occasione da non perdere.


Orario
tutti i giorni dalle 10 alle 20
giovedì dalle 10 alle 22
chiuso il lunedì

Prezzo biglietto
Intero: 6,50 euro
Ridotto: 5 euro
Scuole: 3 euro


[Articolo tratto da www.dphoto.it]


«Non è la mera fotografia che mi interessa. Quel che voglio è catturare quel minuto, parte della realtà.»

«Le fotografie possono raggiungere l'eternità attraverso il momento.»

[Henry-Cartier Bresson]

domenica, dicembre 17, 2006

Pictures of the year 2006


Gli editori del Time presentano il miglior fotogiornalismo del 2006. Guarda.

martedì, dicembre 12, 2006

Afterhour a Firenze

Martedì 12 e mercoledì 13 dicembre 2006 saranno nuovamente a Firenze gli Afterhour con il tour "Ballads for little hyenas" (ballate per piccole iene), stavolta in concerto - a partire dalle 21,15 - all'auditorium Flog del Poggetto. (altre date)


Afterhour
Ballate per Piccole Iene - 2005 - Mescal

E' inutile presentare la band degli Afterhours. Basti pensare al fatto che l'uscita di questo disco è stata posticipata per soddisfare la richiesta live talmente grande da diventare sold out anche per due giorni consecutivi nella stessa città. Gli Afterhours sono ormai entrati di diritto nell'olimpo delle band italiane più amate dal pubblico e le attese per il successore di "Quello che non c'è" erano sicuramente altissime.

Manuel Agnelli ha nel frattempo conosciuto Greg Dulli (ex-Afghan Whigs, ora Twilight Singers) con il quale sono prima nate collaborazioni reciproche dal vivo, poi ripetute anche in studio. "Ballate per piccole iene" è il risultato di questo lungo studio di sonorità supervisionate da un grande produttore come John Parish (P.J. Harvey, Eels, Sparklehorse, Tracy Chapman). Quello che ne è uscito è un album intenso come già gli Afterhours ci hanno abituati in passato, ma che acquista sempre più consapevolezza ed equilibrio.

Anche questa volta le emozioni vengono toccate tutte, da quelle più rabbiose a quelle più struggenti, già da "La sottile linea bianca" che apre il disco con un inciso ipnotico e feedback spinti all'estremo. Segue "Ballata per la mia piccola iena", che con il suo straordinario crescendo vocale oltre a richiamare il titolo del disco è anche il primo singolo estratto. Il rock più duro prende forma sulle potenti distorsioni di "E' la fine la più importante", mentre si smorzano i toni diventando velati sull'onda della ballata intitolata "Ci sono molti modi".

Questo disco è ricco di tutta quella passione che gli Afterhours ci hanno regalato anche nei precedenti lavori e lo si nota grazie a tracce come "La vedova bianca", "Male in polvere" o "Chissà com'è", dove il dialogo tra violino e chitarra tesse trame molto coinvolgenti. La carica emotiva di brani come "Il sangue di Giuda" o "Il compleanno di Andrea" lasciano spiazzati per l'ennesima volta, arricchendo un giardino sonoro perfetto, curato in ogni dettaglio e colorato dalle più accese sensazioni.



Tracklist
La sottile linea bianca
Ballata per la mia piccola iena
E' la fine la più importante
Ci sono molti modi
La vedova bianca
Carne fresca
Male in polvere
Chissà com'è
Il sangue di Giuda
Il compleanno di Andrea

(tratto da http://www.kdcobain.it)

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Ci Sono Molti Modi

E' quello che sai che ti uccide o è quello che non sai
a mentire alle mani, al cuore, ai reni
lasciandoti fottere forte
per spingerti i presagi
via dal cuore su in testa, sopprimerli
non sai
non sai
che l'amore è una patologia
saprò come estirparla via
torneremo a scorrere
torneremo a scorrere
Eroe del mio inferno privato
se in giro di routine
verso il vuoto con classe
è tutto ciò che avrai
perchè quando il dolore è più grande
poi non senti più
e per sentirti vivo
ti ucciderò
ti ucciderò
vedrai
vedrai se il mio amore è una patologia saprò come estirparla via
torneremo a scorrere
torneremo a scorrere
torneremo a scorrere
torneremo a scorrere
lo sò
lo sò che il mio amore è una patologia vorrei che mi uccidesse ora


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Tutto Fa un pò Male

Sai che la fortuna è una religione:
tu ci credi oppure no,
lo capiremo prima o poi
che non c'è modo di rinascere senza peccare.
Ma tu hai voglia di rinascere,
è solo che non sai come finire.

E forse fa un po' male, forse fa un po' male.
Ma tutto fa un po' male, tutto fa un po' male.

Quello che sognavi ti fa ridere
da quando sai che non lo puoi più avere.
Ma l'odio è un carburante nobile
e scommetto che non è così male.
Tradirsi con rispetto, perchè vivere è reale.
E vivere così, non somiglia a morire?

E forse fa un po' male, forse fa un po' male.
Ma tutto fa un po' male, tutto fa un po' male.

E forse fa un po' male, forse fa un po' male.
Ma tutto fa un po' male, tutto fa un po' male

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"Nel tuo piccolo mondo fra piccole iene
anche il sole sorge solo se conviene."


[Afterhour]



mercoledì, dicembre 06, 2006

PHOTOSOPHIA - Onanismi mentali su vita e fotografia


Il termine fotografia deriva da due parole greche: photos - ossia luce – e graphos – disegnare, scrivere. Disegnare con la luce, quindi, la realtà, o una realtà: quella vista dagli occhi del fotografo, che quasi sempre esalta, sottolinea, rende incisiva la realtà oggettiva.

Immaginiamo la vita come la fotografia e la nostra visione di essa come la visione che della realtà ha il fotografo. La guardiamo pertanto attraverso un mirino nel quale componiamo la scena e cerchiamo di vederla da diverse angolazioni, cercando quella più d’effetto, quella che si avvicina di più ai nostri canoni di bellezza rispettando o stravolgendo i fotèmi classici, ma non sempre ci riusciamo. La luce imprime la realtà artefatta dalla sapiente arte del fotografo sulla pellicola. Abbiamo così un negativo e una stampa esattamente opposta a quella realtà impressa sulla celluloide. La realtà nelle sue due forme, nessuna scindibile dall’altra, bensì complementare: se una non esistesse l’altra non esisterebbe di conseguenza. Lo stesso identico scatto visto in due modi diversi.

Ma come componiamo la nostra scena? Come creiamo la nostra realtà?

Possiamo decidere di inquadrare un particolare e concentrarci su quello. Possiamo curare la resa di quel singolo dettaglio fino all’ossesso, cercando di dargli un senso che però sarà scisso dal tutto.

Oppure siamo quel tipo di fotografi a cui piacciono le vedute di ampio respiro, dove tutto quello che includiamo nella scena per noi ha un senso riposto nelle segrete interconnessioni con ciò che lo circonda? Nel primo caso probabilmente ci perderemo concetti importanti, analizzando troppo il dettaglio. Nel secondo, probabilmente, se non fossimo dotati di abile regia, rischieremo di confondere la scena.

La soluzione? E’ nello zen. Il libero fluire dell’arte. Che la foto si componga da sé.

[C.F.]

martedì, settembre 26, 2006

Aforisma del giorno


La verità che rende gli uomini liberi risulta essere nella maggior parte dei casi la verità che gli uomini non vogliono ascoltare. [Herbert Agar]

lunedì, settembre 25, 2006

L'appuntamento perfetto







Guarda il video



Aforisma del giorno

Chi vede il giusto e non lo fa, è senza coraggio. [Confucio]

domenica, settembre 24, 2006

Aforisma del giorno

Ci vuole saggezza per comprendere la saggezza. La musica non è nulla se il pubblico è sordo. [Walter Lippermann]

Firenze, domenica 24 settembre 2006


Posted by Picasa

venerdì, settembre 22, 2006

PREMIO LEGRI 2001: Graduatoria finale.

I concorrenti dovevano continuare, in prosa, il seguente incipit proposto dalla scrittore Carlo Lucarelli:


“La luce era quella di sempre, anche l’aria e i suoni erano quelli di tutti i giorni. C’era solo qualcosa di diverso, un particolare, un dettaglio: un’ombra. Niente di più di un’ombra, ma abbastanza per capire che da quel momento tutto sarebbe stato diverso...”.


I primi trenta classificati alla seconda edizione del concorso letterario “Premio Legri 2001" saranno pubblicati nel volume dal titolo "L'ombra" che sarà edito a cura della Festa dell'Unità di Legri.




CLASSIFICA:


1 classificato

ROBERTO SANTINI Il volo del falco

2 classificato
FRANCESCA PIAZZINI Sbarre

3 classificato
STEFANO ROSSI In una notte oscura

4 -TERZA AGNOLETTI La catasta
5- DOMENICO MEDEA
La chitarra di Santana
6- BENEDETTA RIGACCI
Una tisana di erbe
7 -LEONARDO PETTI
Autunno fragile
7 -MARCO ROSSI
I gabbiani di Honfleur
7 -SERGIO TONON
Onda temporale
7 - GIORGIA MONTANARI
La fisarmonica rossa
11-PAOLO AMIOTTI
I canarini
12-CLAUDIO FALLANI La figura nell'ombra
13-ROSINA ANGELUCCETTI
L'ombra e Dio
13-MATTEO PIRINU
La canzone di Maya
15-FRANCESCO CATARZI
Washington 1999
15-DEBORAH BALLERINI
La grane magnolia
17-MARIO BERTINI
Quella falce di luna
18-LUCIA SANI
Un risveglio
18-ELEONORA FILIE’
Nascere a se stessi
20-RENATO CAPINOTI
L’impiegato comunale
21-GIOVANNI MANCINI
Il profumo del gelsomino
22-MARIA CRISTINA BARTOLETTI
Nemesi
22-LICIA ANTONIELLI
Bellacoda
22-ROSSANA REGINATO
Ho ucciso mio fratello
25-DAVIDE FINIZIO
Per la morte della pena
25-MILA SALVINI
L’ombra ed io
25-PATRIZIA ARRIGHINI
L’ultima battitura
25-MARIA CRISTINA BARTOLETTI
Reidratazione
25-ALESSIO MIGLIORINI
Virus
30-DONATELLA DONATI
L'ombra del domani
31-ELISABETTA PECCHIOLI
Opere murarie
32-GIANNA BATISTONI
Lo giuro
32-VALENTINA GORI
1938
32-VALENTINA GORI
Il cassetto ei regali sbagliati
32-ALICE CARRADORI
L'ultimo respiro
32-ALESSANDRO BONANNI
I fiori di Fiorella
37-SARA ROSSI
Sotto i susini qualcosa di nuovo
38-DEBORA FABRI
L'ombra del nulla
38-DANIELA TINTI
Ombre e fosse
40-ELENA RUGI
Pensiero senile
40-GUIDO ROCCHI
In ricordo dell3alluvione del 5.9.1960
42-GIAMMARIA SOTTILI
Il ruolo delle ombre
43-GIANNI GNESINI
Una domenica al Vanguard
44-MARCO ANDREA UGOLINI
Sangue in San Frediano
44-ANDREA COVERINI
Tutto mi transferisco in loro
44-AURELIO ULIVI
Alta velocità
47-STEFANIA RAZZOLI
L’ombra e i colori
48-DANIELA BINELLO
La vita di un'altra
49-ELDA GIACHETTI
Storia di una casalinga
49-ALFREDO ALTIERI
La donna dei sogni
51-SIMONETTA GUARNIERI BASSI
senza titolo
52-SABRINA BONAIUTI
Occhi di ghiaccio
52-ILARIA CANGIOLI
La scelta possibile
54-ROBERTO DI LORETO
I l treno di Jenny
54DONATELLA CIOCIA NELLI
Lettera da un amico di penna
54-GRAZIELLA BENCINI
Un'ombra e qualcosa di nuovo sarebbe successo
57-MARY M.G. BIANCHI
Nell'ombra di un possibile
58-STEFANIA MOSCATI
Sensazioni
59-TANIA CONFORTI
senza titolo
60-CARLA SORELLI
Marina di Pisa 15 Luglio
61-MIHAELA BIFFI
senza titolo

Walden (Vita nei boschi)


Andai nei boschi perché volli vivere in saggezza, Volli vivere in profondità, e succhiare tutto il midollo della vita. Per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non dover scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.


[H.D. Thoreau]

Aforisma del giorno

Quando ero piccolo tutti mi chiedevano cosa volevo fare da grande. Gli altri rispondevano il dottore, il tramviere, l'astronauta…
Io dicevo: la testa di cazzo.

Sono l'unico che ce l'ha fatta.


[Paolo Rossi]

giovedì, settembre 21, 2006

Rapidissimo ed economico. Ecco il chip che parla con il laser,


Rivestito di una membrana innovativa, trasferirà dati ad alta velocità. E' in fase di studio negli Usa. Potrebbe essere lanciato nel 2010.

ROMA - Altissima velocità a costi ridotti. Sembrerebbe uno slogan irreale e invece descrive benissi mo la rivoluzione che, tra qualche anno, potrebbe essere portata dal nuovo chip sperime ntato da Intel e Università della California di Santa Barbara. Grazie a una tecnologia basata sul laser, i componenti dei processori potrebbero essere in grado di scambiarsi informazioni a ritmi di gran lunga superiori a quelli odierni e renderanno i computer ancora più potenti. Oggi i ricercatori hanno annunciato lo sviluppo di nuovi circuiti integrati che consentiranno di raggiungere velocità molto più alte di quelle attuali. I chip saranno basati sul silicio ma verranno rivestiti da uno strato di fosfuro di indio con una tecnica innovativa. Su ciascuno di loro sarà posizionata una membrana capace di sviluppare decine - potenzialmente centinaia - di sottili raggi laser. Secondo i tecnici di Intel, i componenti del processore saranno in grado di scambiarsi fino a mille miliardi di bit al secondo.
La novità consentirà inoltre ai progettisti di ridisegnare i computer e di posizionare i chip a minore distanza tra loro. La nuova tecnologia, che avrà costi molto bassi, potrà essere applicata ai grandi calcolatori ma anche ai pc domestici.
Anche le connessioni a internet saranno enormemente più performanti. Secondo il sito web del quotidiano californiano San José Mercury News, si potrebbero scaricare dati a 1 Gigabit al secondo, una velocità che consentirebbe di guardare contemporaneamente numerosi canali televisivi ad alta definizione o di scaricare in pochi minuti un film in qualità dvd.
"Si tratta di un settore che ha iniziato a svilupparsi con decisione solamente negli ultimi 18 mesi - dice Eli Yablonovitch, fisico all'Università della California di Los Angeles -. Ci saranno molte più comunicazioni ottiche nei computer di quanto si sia mai immaginato".
Per la commercializzazione dei nuovi chip, potrebbe essere necessario attendere fino al 2010. Le ricerche proseguono però a grande ritmo, non solo negli Stati Uniti ma anche in Giappone. L'azienda che riuscisse a lanciarli per prima sul mercato battendo sul tempo i concorrenti otterrebbe infatti un grande vantaggio competitivo e guadagni notevolissimi.

( La Repubblica - 19 settembre 2006)

Lentamente muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,

ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che
fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi e' infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia
aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o
della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non
risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere
vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto
di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una
splendida felicita'.


[Pablo Neruda]

Aforisma del giorno


L'essenziale è invisibile agli occhi [Antoine De Saint-Exupery]

mercoledì, settembre 20, 2006

L'attitudine del cervelletto nel percepire le stranezze

Un team italiano di ricercatori: è quella la parte che opera una chiara distinzione tra stimoli conosciuti e quelli insoliti

ROMA- Perché se viviamo vicino alla ferrovia non ci accorgiamo più del treno che passa, ma piuttosto di quella odiosa goccia che proviene dal rubinetto e non ci fa prendere sonno? E perché se qualcuno ci tocca mentre siamo concentrati facciamo un balzo? E' il nostro cervelletto ad accorgersi di stranezze, rumori insoliti che ci distraggono, ci disturbano o ci stimolano. Lo ha scoperto un team di scienziati dell'Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), della Fondazione Santa Lucia di Roma.
Il cervelletto, l'organo che si trova nel cervello e che tra l'altro controlla la precisione dei nostri movimenti, opera una vera e propria distinzione tra gli stimoli a cui siamo abituati ogni giorno - per esempio il rumore quotidiano del traffico della nostra città - e uno stimolo insolito, magari uno scoppio improvviso.
Lo studio, che è appena stato pubblicato sulla rivista online Brain, ha impegnato i ricercatori italiani per due anni. Gli scienziati, che hanno collaborato con l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e l'IRCCS Medea di Udine, hanno studiato alcuni pazienti che avevano riportato lesioni a un solo lato del cervelletto.
"La capacità di riconoscere gli stimoli abituali dai nuovi rappresenta una funzione fondamentale del sistema nervoso e coinvolge oltre ai comportamenti quotidiani anche quelli sociali ed affettivi", spiegano gli autori dello studio. "Basti pensare che se siamo rilassati in una campagna, ascoltando il cinguettio degli uccelli, il transito inatteso di un treno ci fa trasalire, ma se viviamo in prossimità di una ferrovia non ci accorgiamo neanche più del passare dei convogli", ma magari è un altro rumore insolito a disturbare il nostro riposo. "Allo stesso modo- continuano gli studiosi- se siamo concentrati in un attività e veniamo toccati su una spalla possiamo sobbalzare; invece contatti più intensi, come quelli fra persone che viaggiano pigiate in uno stesso scompartimento, possono essere percepiti tanto attutiti da non farci interrompere la lettura o il sonno". E concludono: "A livello intuitivo siamo capaci con un solo sguardo di renderci conto che nel nostro solito gruppo di amici qualcosa non va".
Una scoperta, quindi, che ci racconta qualcosa in più su quali sono le fonti della nostra "sensibilità". Ma che, dal punto di vista strettamente scientifico e terapeutico, può aprire la strada a possibili cure per il trattamento dell'atassia, cioè la perdita della coordinazione muscolare, dell'autismo e dela schizofrenia.

(La Repubblica, 19 settembre 2006)

Aforisma del giorno

Anche se ad una mucca dai da bere del cacao non mungerai cioccolata. [Stanislaw Lec]

martedì, settembre 19, 2006

Aforisma del giorno


L'uomo che non ha alcuna musica dentro di sé, che non si sente commuovere dall'armonia di dolci suoni, è nato per il tradimento, per gli inganni, per le rapine. I motivi del suo animo sono foschi come la notte: i suoi appetiti neri come l'erebo.

[
William Shakespeare]

Esperi-mentos


Non è una leggenda. Mettendo le caramelle Mentos in una bottiglia di Coca-Cola si ottiene un getto di schiuma alto diversi metri.
Ma perché succede?
L’anidride carbonica è contenuta nella cola sotto forma di piccole bollicine, tenute insieme da forti legami. Questa soluzione non è stabile e, come tutti sanno, quando si sbatte una bottiglia le bolle si rompono e se ne formano di più grandi, responsabili del getto di schiuma. È il cosiddetto fenomeno della “enucleazione” che avviene anche quando le bolle incontrano una superficie rugosa o con granelli, come quella delle Mentos. Lo scioglimento istantaneo della superficie glassata della caramella amplifica il fenomeno, ed ecco il getto di schiuma.
Negli Usa è diventato di moda fare questi esperi-mentos. La cola più adatta a creare getti altissimi è risulata la Diet Coke.
E c’è chi, come mostra questo video, è stato in grado di consumare oltre 200 litri di Diet Coke e 500 Mentos per creare splendide fontane di schiuma.


(fonte: focus.it)

L’essere c’è in quanto si manifesta a sé stesso e, nel manifestarsi a sé stesso, l’essere si conosce nelle forme che manifestandosi assume [Silvia Montefoschi]

lunedì, settembre 18, 2006

Ecco il genio: una scintilla, tanto lavoro. Il talento è nulla senza applicazione.

Il segreto in una formula. La rivista inglese New Scientist pubblica le "dosi" stabilite dalla Cambridge University. Fondamentale la conoscenza prodotta da buoni studi.


LONDRA - Genio si nasce o si diventa? Il quesito è vecchio e dibattuto quasi come quello sull'uovo e la gallina. Ma adesso arriva una risposta "scientifica", il primo studio analitico del problema, e il verdetto degli esperti è che genio si diventa: o meglio si nasce "e" si diventa, perché una certa dose di talento naturale è indubbiamente necessaria, ma in sé non basta, occorre coltivarla con uno studio di alta qualità e svilupparla con anni di duro lavoro. Soltanto a quel punto si manifesta il genio, inteso come raggiungimento di prestazioni eccezionali in qualunque campo, dalla scienza alle arti creative, dagli scacchi alle discipline sportive.

Ad affermarlo è un libro, "The Cambdrige Handbook of Expertise and Expert Performance" (Il manuale di Cambridge della perizia e della prestazione esperta), pubblicato in questi giorni dalla Cambridge University Press, di cui il settimanale britannico New Scientist riferisce con ampio risalto nel suo ultimo numero. La tesi è che le capacità che in alcuni casi definiamo talento o addirittura genio non sono il frutto di un dono della natura con cui veniamo al mondo, bensì il risultato di una combinazione di abilità innata, istruzione di alto livello e una montagna di lavoro.
In sostanza lo studio della Cambridge University, mescolando psicologia e scienza cognitiva, ci dice di lasciar perdere l'idea che il genio, il talento o altre qualità innate creino le grandi menti della scienza e delle arti creative, le grandi scoperte e le grandi opere del pensiero o dell'arte o le grandi prestazioni dello sport: è invece una miscela di talento innato, studio e applicazione a produrre prestazioni record. Un motto variamente attribuito a Ernest Hemingway (per il campo umanistico) o a Thomas Edison (per quello scientifico) sosteneva che il genio è 1 per cento inspiration (ispirazione creativa) e 99 per cento perspiration (traspirazione, sudore, fatica). Sulla base del libro di Cambridge, il New Scientist aggiorna così la "formula della genialità": 1 per cento di ispirazione, 29 per cento di buone scuole, 70 per cento di lavoro.

La ricerca suggerisce in proposito una sorta di "regola dei 10 anni": per quanto sia solido il talento innato, occorrono almeno dieci anni di pratica, di lavoro serio ed intenso, per raggiungere la grandezza. Un'analisi su 120 atleti, attori, artisti, matematici e scienziati, condotta dal celebre psicologo Benjamin Bloom della University of Chicago, rivela per esempio che ogni singola persona esaminata ha impiegato almeno un decennio di studio ed esercizio prima di ottenere riconoscimenti internazionali. In più, solitamente, ognuno che ce l'ha fatta ha avuto un mentore, una figura chiave che lo ha aiutato e incoraggiato lungo il percorso.

La Cambridge University cita casi famosi: Mozart suonava il violino a 3 anni e componeva sinfonie a 7, ma solo nella tarda adolescenza ha prodotto la musica che lo ha reso un gigante; Einstein era uno scolaro mediocre e svogliato, solo quando si è applicato rigorosamente al campo che lo appassionava, e per cui era dotato, è esploso; Tiger Woods ha imparato a usare la mazza da golf prima che a camminare, ma è stato l'inflessibile allenamento a farne il migliore di tutti (lo stesso si può dire di Pete Sampras o Michael Jordan).

Tra i fortunati individui che nascono con una dose di talento in qualcosa, insomma, sono la qualità dello studio e l'intensità della pratica a fare la differenza: per cui uno diventa un genio e un altro solo un buon esecutore. "Scusi, da qui come si arriva alla Carnegie Hall?", tempio della musica classica a New York, era una vecchia battuta dei conservatori americani. E l'ironica risposta era: "Con tanta pratica".

ENRICO FRANCESCHINI



(La Repubblica - 18 settembre 2006)

La Nevrosi

Amo questa nevrosi
che a volte mi stende
amo questa nevrosi
che mi sbatte qua e là
amo questa nevrosi
amo questa nevrosi
amo questa nevrosi
che mi accende, mi accende
fa di me bandiera tesa
poi fa di me uno straccio
fa di me fuoco vivo
fuoco vivo
fuoco vivo
fa di me fango e ghiaccio
Quando non ho paura
allora mi piaccio
quando rido mi piaccio
ma non capita spesso
quando amo a più non posso
allora sì che mi piaccio
quando amo davvero
quando amo davvero
così come è capace
uno di questa terra
uno vivo, vivo,
uno vivo qui adesso
nel lato storto del mondo.
Amo, amo
amo questa nevrosi
[...]
ormai amo tutto
amo, amo amo
amo tutto
[...]
Amo questa nevrosi
che a volte mi stende
amo questa nevrosi
che mi sbatte qua e là
amo questa nevrosi
amo questa nevrosi
amo questa nevrosi
che mi accende, mi accende
sono uno di questa terra
sono vivo qui adesso

non ho capito ancora niente
mi sono perso spesso

Amo, amo
amo questa nevrosi
Amo, amo
amo questa nevrosi
Amo, amo
amo questa nevrosi
ormai amo tutto
[...]

[La Crus]

Aforisma del giorno


La verità è spesso una terribile arma d'offesa. È possibile mentire e perfino uccidere con essa. [Alfred Adler]

domenica, settembre 17, 2006

Dimmi che musica ascolti, ti dirò chi sei

I dati sono stati ricavati da oltre 10.000 interviste on line, ma è solo l'inizio

Alcuni ricercatori del Dipartimento di psicologia dell'Università di Leicester hanno completato la prima fase di una ricerca volta a stabilire l'esistenza di correlazioni fra preferenze musicali e stili di vita. "Sorprendentemente" ha osservato Adrian North, che ha diretto lo studio "ci sono pochissimi studi che correlano età, sesso, stato socio-economico e personalità al tipo di musica ascoltata, e quelli che esistono riguardano quasi esclusivamente gli Stati Uniti. Soprattutto, ci sono troppi stereotipi sul tipo di persone che ascolta certi tipi di musica."
Finora il guppo di ricercatori di North ha esaminato 10.000 persone che hanno risposto, da tutto il mondo, a un questionario on line che assieme alla scelta fra 50 stili musicali richiede un ampia messe di notizie sugli stili di vita, credenze religiose, opinioni politiche, capacità economica, educazione, lavoro, salute, media preferiti, attività di tempo libero ecc.
Dai primi risultati emergerebbe, per esempio, che i fan dell'hip-hop e della dance music abbiano avuto più di un partner sessuale negli ultimi cinque anni con una frequenza rispettivamente del 37,5 e del 28,7 per cento, contro l'1,5 per cento dei cultori di musica country. Essi inoltre sarebbero in media meno religiosi, poco propensi al riciclaggio, allo sviluppo delle energie alternative, e a tollerare aumenti di tasse pur di preservare i servizi sociali e il servizio sanitario pubblico. Sarebbero peraltro meno restii a infrangere la legge: ha ammesso di averlo fatto il 56,9% e il 53,1% dei membri dei primi due gruppi contro, per esempio, il 17,9% di quanti prediligono i musical. In compenso, un quarto di quanti amano la musica classica ha fumato mariuana e il 12,3 per cento dei patiti dell�opera lirica ha assunto funghi allucinogeni.

Aforisma del giorno

Una puntura di zanzara prude meno, quando sei riuscito a schiacciare la zanzara. [Marcello Marchesi]

venerdì, settembre 15, 2006

JOHN MARTYN - Solid Air (1973, Island)


JOHN MARTYN

Songwriter immaginifico, compositore fantasioso, chitarrista abile e dallo stile personalissimo, con 29 album pubblicati in trent'anni di attività discontinua segnata da crisi e alcolismo, John Martyn è stato uno degli artisti meno popolari ma più influenti della scena inglese. Eric Clapton in "Slowhand" riprese la sua "May You Never", Steve Winwood nel '72 lo volle per aprire il tour americano dei Traffic e in seguito fu ospite in "One World". Phil Collins produsse i tre dischi per la Wea. Michael Hedges lo ha citato come un modello per il suo sound chitarristico fatto di accordature aperte, di effetti elettronici e di picking giocato su poliritmie e circolarità delle parti. A diciott'anni John Martyn si era presentato sulla scena londinese armato di chitarra acustica e con un repertorio che andava dal blues a Gary Davis, dalle ballate tradizionali alle immancabili cover di Dylan e Woody Guthrie. Tutto rientrava fin qui nel copione revivalista di quegli anni, ma nel '67 al debutto discografico di "London Conversation" c'era soprattutto materiale proprio. La lezione era quella del folksinger Hamish Imlach che aveva illustrato a Martyn la possibilità di combinare approccio tradizionale e modernità con le sonorità contemporanee. Dall'anno successivo, con "The Thumbler", Martyn avvia un processo di decantazione del folk. Il sound rimane quasi completamente acustico, ma la chitarra è accoppiata a echi usati come strumento interlocutorio e di tessitura, in seguito resi popolari da "The Hedges" degli U2. E' lo strumento ad appoggiarsi alla voce scorbutica dal timbro morbido e roco, capovolgendo i ruoli tradizionali. L'operazione va avanti con oltre un album all'anno fino al 1977. Martyn è uno di quelli che, come Nick Drake e Tim Buckley, nel rock business non c'è mai entrato realmente. Inizia questo decennio con "The Apprentice", dove riscopre la chitarra acustica e le atmosfere meno chiassose. E' di pochi mesi fa lo straordinario "The Church With One Bell", un disco di cover che copre quattro generazioni di blues (Ben Harper, Randy Newman, Billy Gibbons, Rick Danko) interpretati con modernità unica per un genere che nell'insieme ha codici ben definiti. A 50 anni compiuti (è nato l'11 settembre del '48 a Glasgow), John Martyn sta entrando nella terza età e non solo anagraficamente. A dispetto dello scarso successo commerciale comunque mai ricercato seriamente, e nonostante una certa difficoltà a trovare i sul lavori, John Martyn rimane un artista molto amato e non solo da critica e colleghi. Oltre a quello ufficiale nel mondo sono oltre 130 i fans club, roba da rockstar, che quotidianamente raccolgono dischi, articoli e memorabilia su di un "cult-musician" di Glasgow che per un trentennio ha fatto di tutto per essere solo un semplicissimo uomo qualunque.

SOLID AIR - 1973, ISLAND

Il folk di Martyn parte dai canoni comuni ad altri cantautori, per poi contaminarsi con le suggestioni più disparate ed impensabili, dal jazz alla psichedelia, facendo sfoggio di una tecnica chitarristica invidiabile e di uno stile vocale senz’altro inconsueto. “Solid Air” è il concentrato di tutta l’arte espressa da John Martyn negli anni, qui alla sua sesta prova nonostante la giovane età – appena ventiquattrenne - . Trovano spazio infatti in questo suo disco del 1973 squisiti scenari lunari accompagnati dalla vigorosa chitarra acustica di Martyn, in grado di disegnare coordinate stilistiche difficili da individuare altrove. E se la title track – dedicata all’amico Nick Drake – è un raro esempio di folk jazzato dalla notevole carica emotiva, perle come “Dont’ want to Know” e “I’d rather be the devil” sembrano delineare un mondo folk nuovo, stupendamente ampliato da inquietanti interventi di viola, organo, percussioni, straordinari effetti come i ritardi, che cercano di far volare le direzioni in altri universi sconosciuti ai più, caratterizzati da tonalità scure ma terribilmente accattivanti. Non manca di emozionare la sognante “Go down easy”, tutta incentrata sulla voce e la chitarra di Martyn, mentre il jazz rock di “Dreams by the sea” risolleva gli animi in un concentrato di groove molto particolare, evidenziato da un piano elettrico indiavolato e da un solo di sax notevole. Su “May you never” si torna su un folk più canonico ma non per questo meno emozionante, dove ancora una volta John Martyn mette in rilievo la sua invidiabile tecnica sulla chitarra acustica. La magia che è possibile ammirare in “The man in the station” è la prova di classe del suo autore, uno dei geni incompresi dei suoi anni, una linea vocale trascinante ne traghetta l’incedere su tappeti pianistici d’effetto.
“Solid air” è uno dei grandi dischi degli anni 70, un’opera che mette in luce le infinite possibilità di contaminazione che è possibile attuare in un genere solo sulla carta poco incline a sperimentazioni come il folk rock. Un autore unico, difficile da imitare, il cui talento è impossibile da riscontrare in altri artisti, la cui arte probabilmente non avrà modo di brillare ancora come in questo disco, che rimane a mio modesto parere, la sua vetta artistica.


Dreams By The Sea

N-no, n-no, it can't be true
N-no, n-no, it isn't you
N-no, n-no, it's not the way you are
N-no, n-no, it isn't you
N-no, n-no, it can't be true
N-no, n-no, it's not the way you are

Bad dreams for me
Bad dreams by the sea

Dreaming you've got a lover
Dreaming I got another
Dreaming that there's a killer in your eyes
Dreaming that you're a user
Dreaming that I'm a loser
Dreaming that there's a killer in my eyes

Dreaming about a place of shades
Dreaming about the ace of spades
Dreaming that it's taking things too far
N-no, n-no, it can't be you
N-no, n-no, it isn't true
N-no, n-no, it's not the way you are

Solid Air - JOHN MARTYN

Anno di uscita: 1973
Etichetta: Island




Aforisma del giorno


Oggi sono sceso dal letto dal lato sbagliato. E io tengo il letto contro la parete . [Anonimo]

giovedì, settembre 14, 2006

Gotan Project alla Stazione Leopolda di Firenze il 15 settembre 2006


NOKIA TRENDS Sceglie Firenze per la 1° edizione italiana


Il 15 settembre la città di Firenze ospiterà la prima edizione italiana di Nokia Trends, festival di musica, mobilità e arti multimediali.

La musica elettronica avvolgerà l’Ex - Stazione Leopolda (una stazione ferroviaria trasformata in un suggestivo spazio che ospita eventi alla moda) con le performance di artisti internazionali del calibro di: Gotan Project, Tiga e Timo Maas.

I biglietti per la serata saranno in vendita dal 22 luglio nel circuito Ticketone www.ticketone.it, e dal 29 luglio nelle altre prevendite tra cui Box Office Toscana www.boxol.it e l’innovativo sistema di mobile ticketing www.nokiatrends.com, al costo di 15 Euro più diritti di prevendita.

“Nokia Trends presenta un gruppo eclettico di artisti di fama internazionale in luoghi tradizionalmente legati al mondo musicale o unici nella loro struttura in tutta Europa. Tutti gli eventi previsti da Nokia Trends saranno strutturati basandosi sullo stesso concetto di ‘nuova musica, nuovi luoghi’,” ha affermato Heikki Tarvainen, Vicepresidente Marketing Nokia Europa. “Nokia Trends si propone come il festival che riunisce migliaia di giovani ad assistere alla performance dei loro gruppi preferiti e a provare le ultime novità tecnologiche in fatto di mobile music insieme ai loro amici.”

Oltre alla performace degli headliner (Gotan Project, Tiga e Timo Maas), il Nokia Trends sarà animato da altri artisti in via di definizione e dai due vincitori del Nokia for Music Contest, la selezione musicale sul web ideata da Nokia.

La prima edizione di Nokia Trends si è svolta in America Latina nel 2004 entusiasmando centinaia di migliaia di musicofili di tutto il mondo.

Nel 2006 il Nokia Trends sbarca in Europa: dopo le tre tappe in Grecia all’Athinοn Arena di Atene (26 maggio), in Ungheria al Mucsarnok di Budapest (10 giugno) e in Francia all’Opéra Garnier di Parigi (24 giugno), coinvolgerà anche Polonia (15 luglio), Germania, Inghilterra e naturalmente l’Italia con la performance del 15 settembre a Firenze.

Iraq, poligono di armi al laser

Agghiaccianti testimonianze sulla possibile sperimentazione di nuove armi ad "energia diretta", laser o a microonde, in Iraq e in Afghanistan. La nuova inchiesta di Ranucci e Torrealta in onda oggi su RaiNews 24. Prime ammissioni dei comandi Usa: le abbiamo usate per lo sminamento. Pronto il "raggio del dolore"


di Stefano Chiarini

Il Manifesto, 18 maggio 2006


"Nei corpi di alcune vittime della battaglia all'aeroporto di Baghdad nel 2003 ho riscontrato alcune stranezze inspiegabili come il fatto che "Tre passeggeri di una macchina avevano il volto bruciato e senza gli occhi ma i loro corpi non mostravano ferite di sorta, né segno alcuno di proiettili".
Con queste parole Majid al Ghazali, primo violinista dell'orchestra di Baghdad riferiva, all'indomani della seconda guerra del Golfo, i suoi sospetti al filmaker Usa Patrick Dillon, sulla possibile sperimentazione in Iraq da parte del Pentagono di nuove armi ad energia "non cinetica" ma ad energia diretta (laser) e a microonde. Armi "invisibili" che lanciano elettroni ad alta velocità e a grande distanza. Versione moderna e tragicamente funzionante del famoso "raggio della morte" proposto inutilmente nel 1942 agli Usa dal fisico Nicola Tesla.

Il musicista iracheno, Majid al Ghazali, assai noto, è uno dei testimoni oculari dalle cui parole si dipana l'inchiesta di Sigfrido Ranucci e Maurizio Torrealta sulle nuove armi sperimentate in Iraq e in Afghanistan ma che potremo presto vedere all'opera anche nel cuore dell'Occidente.
Il programma, presentato ieri alla Federazione Nazionale della Stampa a Roma dagli autori e da Roberto Morrione direttore di RaiNews 24, andrà in onda oggi, giovedì, alle 7,36, anche su RaiTre, e di nuovo alle 13,06, oltre ad essere consultabile in italiano, inglese e arabo sul sito www.rainews24.
Un'inchiesta "indiziaria", ha sostenuto Roberto Morrione, ma che poggia su indizi, testimonianze ed elementi di fatto assai solidi e concreti. Il violinista iracheno, rintracciato recentemente ad Amman dalla troupe di RaiNews24 ha infatti riferito anche altri tre importanti indizi: un autobus colpito vicino all'aeroporto si sarebbe "accartocciato come un vestito bagnato riducendosi alle dimensioni di un pulmino"; i soldati Usa in alcune aree dell'aeroporto - come poi sarebbe avvenuto di nuovo a Falluja due anni dopo - avrebbero "raschiato" il terreno portandolo via a bordo di grandi camion; i corpi delle vittime erano come rimpiccioliti e disidratati.
Ranucci e Torrealta hanno poi trovato un'altra interessante testimonianza, quella di alcuni medici dell'ospedale di Hilla, 100 chilometri a sud di Baghdad, registrata in video da Geert Van Morteer, medico volontario in Iraq.
Saad al Falluji, uno dei medici intervistati, racconta come un giorno durante la guerra del 2003 fosse arrivato al pronto soccorso un piccolo bus, appena colpito, nel quale una ventina di passeggeri erano stati come fatti a pezzi ma non si sa da cosa. Nessuno dei superstiti aveva sentito alcuna esplosione, non vi erano pallottole, schegge o frammenti di sorta nei loro corpi.
Gli autori dell'inchiesta di fronte a queste testimonianze hanno chiesto di intervistare le società produttrici dei sistemi d'arma al laser e a microonde ma il Pentagono ha opposto un netto rifiuto.
Eppure alla vigilia della guerra sia il Segretario alla difesa Rumsfeld, sia, soprattutto, il generale Meyers avevano fatto delle mezze ammissioni sulla loro disponibilità a sperimentare armi di questo tipo.
In realtà l'esistenza di sistemi d'arma laser non è cosa nuova ed è provata dalle immagini di numerosi test relativi al "THEL" acronimo di "Tactical High Energy Laser" - un progetto americano-israeliano - che mostrano alcuni missili e ogive di mortaio colpiti e distrutti da un raggio invisibile.
Il passaggio dalla sperimentazione in laboratorio di armi ad energia diretta a quella sui campi di battaglia sembra confermata dagli stessi ambienti militari Usa secondo i quali un dispositivo laser chiamato "Zeus" montato su alcuni Humvee, una specie di Jeep, sarebbe stato impiegato in Afghanistan per bonificare a distanza dei campi minati.
Inoltre secondo due accreditati siti di informazioni militari il "Defence Tech" e il "Defence Daily" almeno tre veicoli simili sono stati usati in Iraq.
L'inchiesta infine si occupa di un altra arma particolare, questa volta a microonde, chiamata "Active Denial System", meglio conosciuta come "Raggio del dolore".
Il sistema d'arma, montato anch'esso su un automezzo, ha la capacità di attivare, attraverso un raggio a microonde, i ricettori del dolore nelle persone colpite facendole impazzire dal dolore per alcuni secondi.
L'arma viene presentata come "non letale", tanto che ne è stato teorizzato l'uso per il controllo dell'ordine pubblico interno nelle città occidentali ma in realtà potrebbe provocare gravi ferite e danni permanenti e, per le sue caratteristiche, potrebbe essere usata per torturare e anche per uccidere.
Secondo la rivista militare "Defence Industry Daily" tre modelli di quest'arma montati su veicoli sarebbero stati ordinati, per 31 milioni di dollari, dal generale di brigata James Huggings, capo dello staff della Forza Multinazionale in Iraq che avrebbe anche chiesto l'approvazione per altri quattordici esemplari. Sempre per il bene degli iracheni e della democrazia.


Guarda il filmato in streaming (lingua inglese)

Aforisma del giorno


L'amicizia fra un uomo e una donna è sempre un poco erotica, anche se inconsciamente. [J.L. Borges]

mercoledì, settembre 13, 2006

Attenti là sotto

I passanti sono allibiti: il gigantesco pallone che faceva parte dell'installazione pubblicitaria (non visibile nella foto) di una marca di abbigliamento sportivo è caduto proprio sopra una macchina di lusso parcheggiatavi proprio sotto, in una strada di Bangkok (Thailandia)… Tutto falso in realtà, e frutto della mente di qualche creativo che ha colpito nel segno, attirando l'attenzione di tutti.

Aforisma del giorno


La verità è simile a Dio: non si rivela direttamente; dobbiamo indovinarla dalle sue manifestazioni.

[J.W.Goethe]

martedì, settembre 12, 2006

Five leaves left – Nick Drake (1970, Island Recordings)

Mancano ormai solo due mesi al termine di questo 1969 che sarà quasi certamente ricordato come una delle annate musicali più felici di questo decennio che ci avviamo a congedare: tra il grande evento di Woodstock, il boom degli americani Creedence Clearwater Revival, l'emergente rock trasgressivo dei Led Zeppelin (la band più in voga del momento), il nuovo ambizioso progetto degli Who e la recentissima meraviglia dei Beatles (nonostante le voci sempre più insistenti, finora smentite, sul un loro possibile scioglimento) per noi cultori della felicità in vinile c'è stato soltanto l'imbarazzo della scelta. Il 26 Novembre 2004 (trent’anni dopo) esce su etichetta Island "Five Leaves Left" di Nick Drake . Un nome sicuramente ancora sconosciuto ai più, ma fidatevi se vi dico che questo album è un capolavoro. Infatti questo 21enne studente di Cambridge non è il classico cantautore/menestrello à la Donovan di cui ormai non si contano più gli imitatori sparsi per il mondo, ma la sua proposta è decisamente più particolare, e per questo, colpisce dritta al cuore dell'ascoltatore. A differenza di Dylan, Drake non si vuole imporre come cantante "impegnato" e di protesta (scelta coraggiosa, di questi tempi), non ha l'ambizione di rappresentare la sua generazione (come ad esempio Simon & Garfunkel), nè riveste, come già detto, il ruolo di ennesimo cantastorie. Nella sua musica si può riscontrare al massimo qualche debito nei confronti di Van Morrison (un nome che ormai è diventato un metro di paragone per tutti i songwriters britannici) e del folk dei Fairport Convention, ma ciò non toglie che in questo disco il tema principale non sia altro che lui, la voglia di comunicare agli altri i suoi amori, le sue speranze, le sue passioni per l'arte e per la poesia: comunicare, finalmente, sè stesso. È timido, Drake: lo si capisce dalla foto sulla copertina, dal tono di voce sommesso, distaccato, quasi impersonale. Non rilascia interviste, non si esibisce dal vivo. È timido e ombroso, ma non abbastanza da nascondere il suo grande talento e la sua ambizione di essere scoperto e apprezzato dal grande pubblico: infatti per la realizzazione e la produzione delle dieci canzoni che costituiscono questo "Five Leaves Left" (il titolo è un riferimento a una scritta che compare nelle sue cartine per sigarette preferite) si affida allall'aiuto dell'amico Robert Kirby, chiamato all'ultimo momento per curare un arrangiamento d'archi che tradisce la sua passione per la musica sinfonica. Nella dolce ballata con venature country "Time Has Told Me" la complessità del sensibile animo di Drake si potrebbe riassumere nel semplice verso "Lascerò le strade che mi stanno facendo amare quello che non voglio veramente amare". L'atmosfera si fa tesa e dolorosa in "River Man", canzone inquieta che sembra nascondere dietro la storia dell'infelice Betty i fantasmi personali di Drake. Un piccolo bongo scandisce il tempo della lunga e ipnotica "Three Hours", ma probabilmente il vero capolavoro è la triste e dolcissima "Way To Blue" in cui la voce di Drake splende sulla piccola orchestra come una cometa in una notte stellata al polo Nord. Dopo pochi ascolti è difficile dovere scegliere un pezzo migliore di un altro, è quasi come se ti affezionassi ad ogni canzone come se fossero persone vere: la fatalista "Day Is Done" ("Quando il giorno è finito/ speri che la tua corsa sia giunta al termine/ poi scopri che si trattava di una falsa partenza/ e devi tornare al punto in cui sei partito"), il binomio amore & morte di "'Cello Song" ("Dimentica questo mondo crudele a cui appartengo/ non farò altro che sedermi e aspettare e cantare la mia canzone/ e se tu un giorno dovessi vedermi tra la folla/ dammi una mano e sollevami/ fino al tuo posto sulla nuvola") la dolce ed enigmatica "The Thoughts Of Mary Jane" ("Lei è venuta da uno strano mondo/ e ha lasciato la sua mente dietro di sè/ i suoi sospiri a lungo perduti/ e i suoi occhi lucidi e colorati/ raccontano al vento la sua storia") la bizzarra e jazzata "Man In Shed" (il momento più rilassato e "allegro" del disco). Chiudono questo folgorante esordio due canzoni che a furia di ascoltarle di continuo sto usurando la puntina del mio giradischi: la sublime "Fruit Free" che a mio avviso è un autentico manifesto artistico e concettuale di questo giovane cantautore ("La vita non è che un ricordo/ di quanto è accaduto molto tempo fa/ un teatro pieno di tristezza/ per uno spettacolo a lungo dimenticato") e il delicato blues di "Saturday Sun" ("E il sole del sabato si è trasformato nella pioggia della domenica/ così, la domenica si sedette sul sole del sabato/ e pianse per un giorno passato…"). È quindi un lavoro, quello di Drake, minimalista e introspettivo, ispirato dalla letteratura (Da John Keats a Oscar Wilde, fino a ricordare persino il Leopardi!) ma decisamente personale. Questo bellissimo disco, in fondo, parla di lui, è lui. E se voi vi innamorerete di lui come è successo a me per le emozioni che è capace di regalare, allora credo proprio che questo per Drake sarà l'inizio di una luminosa carriera: i presupposti per sfondare ci sono. Perciò voi tutti, lasciate stare per un attimo i vostri cantanti preferiti e acquistate questo disco dal vostro negoziante, ripeto: lui si chiama Nick Drake, il disco è "Five Leaves Left", su etichetta Island. Non ve ne pentirete.