
Ho letto la Bibbia recentemente, non male, peccato però che il personaggio principale sia poco credibile.
[Woody Allen]
“Ogni singolo uomo vede soltanto una porzione della verità complessiva; e molto spesso, in realtà quasi sempre, egli deliberatamente s'inganna anche su questo piccolo prezioso frammento" [...] [Fred/Bob Arctor – Un oscuro scrutare - P.K.Dick]
Cupo e allegorico, il secondo romanzo di De Roma, dopo l`interessante esordio di Vita e morte di Ludovico Lauter e` ambientato in una Torino reale eppure immaginifica: nel condominio dell'insegnante Giovanni Ceresa sparisce l'anziano signor Baratti, ma nessuno pare interessarsi alla cosa. Qualcuno, addirittura, arriva a mettere in dubbio l`esistenza stessa di Baratti. Ma quando cominciano a sparire altri anziani, e tutta la citta` pare impazzire dietro a una delirante caccia all`uomo, il vecchio Giovanni Ceresa non puo` piu` esimersi dal tentativo di indagare sul senso della propria vita e di quello che sta accadendo.
Felice Cimatti incontra Alessandro De Roma.
Questo e` un libro particolare, che affronta un genere poco praticato in Italia soprattutto dagli scrittori piu` giovani. Possiamo dire che si tratta di un libro di fantascienza?
Si`, senz`altro. E di quel filone particolare di fantascienza che va sotto il nome di distopia. Un genere il cui grande modello resta Orwell, con il suo 1984.
"La fine di giorni" vuole raccontare un possibile futuro del nostro Paese, remoto ma non troppo; certamente molto cupo. Perche` ha scelto Torino come scenario?
Quando ho scritto questo libro vivevo a Torino, dove facevo il professore di storia e filosofia in un liceo. Proprio come il protagonista del romanzo. In generale amo ambientare i romanzi nei posti che conosco. In particolare, in La fine dei giorni i luoghi sono importanti perche` il protagonista cammmina molto. Torino ha strade lunghissime, spesso molto dritte. Le passeggiate del protagonista erano per me elementi centrali della trama. Quindi Torino diventava la citta` perfetta, da questo punto di vista.
Uno dei temi e` il passato, la memoria. Che succede alla memoria dei suoi personaggi?
Il protagonista si accorge di avere perdite di memoria, di faticare a mantenere il contatto con la realta`. C`e` una specie di forza che lo spinge a lottare contro questa apatia, nonostante le persone intorno a lui non sembrano accorgersi di niente - nemmeno del fatto che in citta` cominciano a sparire delle persone anziane. Rispetto a loro il protagonista sa, se non altro, di avere questo problema. E comincia a scrivere un diario come forma di resistenza.
Se Nikon ha per prima introdotto una reflex digitale capace di registrare video 720p (la D90), Canon rilancia con la EOS 5D Mark II, un prodotto di chiara impostazione professionale, dotato di sensore CMOS a pieno formato ed in grado di riprendere filmati in 1080p a 30 fps.
Il CMOS, delle stesse dimensioni di un fotogramma di pellicola 35 mm, offre 21.1 MP di risoluzione e consente un controllo della profondità di campo maggiore rispetto alle camere con sensore più piccolo, oltre a rispettare la lunghezza focale degli obiettivi utilizzati. A protezione del CMOS, un sistema di rimozione della polvere completo di trattamento al fluoro sul filtro passa basso.
Il cuore della camera è il nuovo processore DIGIC 4 con conversione A/D a 14 bit: oltre a consentire una velocità operativa maggiore e a realizzare raffiche di scatto fino a 78 immagini in JPEG al ritmo di 3.9 fotogrammi al secondo, il processore di Canon permette l'elaborazione delle immagini a basso rumore, gestisce la correzione automatica della vignettatura e la modalità AF con Face detection in Live View.
La fotocamera offre un range di sensibilità pari a 100-6400 ISO, espandibili a 50, 12.800 e 25.600 ed è dotata di sistema autofocus a 9 punti, più 6 invisibili di assistenza; i tre punti centrali, posizionati all'interno dell'area spot (che misura il 3.5% del frame), hanno una sensibilità di f/2,8. La macchina monta un display LCD da 3 pollici con 921.000 pixel di risoluzione ed angolo visuale di 170 gradi ed offre un rinnovato sistema di menu con Quick control scene, per accedere rapidamente alle funzioni di uso più frequente. Sul fronte delle connessioni, spicca un'uscita HDMI mini ed un ingresso minijack per microfono esterno, utile per registrare audio in presa diretta quando si girano filmati.
Il corpo, compatto per una macchina pro, è realizzato in lega di magnesio e ospita guarnizioni per proteggere i componenti da polvere ed umidità: il peso è di 810 grammi per 152x113.5x.75 mm di dimensione.
La Eos 5D Mark II, da tempo attesa sul mercato, segna quindi più che un'evoluzione della precedente Eos 5D e apre nuove possibilità di lavoro per fotografi professionisti e reporter: sarà disponibile a partire da fine novembre al prezzo indicativo di 2.658 euro iva inclusa.
[Articolo tratto da Tuttodigitale.it]
Domanda 1: Per quale/i ragione/i, lei scrive fantascienza, preferendola ad altri generi di letteratura?
Il pubblico della fantascienza non è vittima dei pregiudizi della classe media e presta ascolto alle idee autenticamente nuove. Si pone meno l’accento sullo stile e più sul contenuto, o almeno così dovrebbe essere. E’ un genere maschile, e dunque il finale positivo non è richiesto, come invece succede nei generi narrativi dominati dalle donne. E’ una delle poche diramazioni della narrativa seria in cui lo humour giochi ancora un ruolo importante (rendendo dunque
Domanda 2: Qual è, secondo lei, la ragion d’essere, il valore fondante della fantascienza?
Presentare in forma narrativa nuove idee ancora troppo difficili o troppo vaghe per essere presentate come fatti scientifici (p. es., la parapsicologia). Le idee non riducibili a un fatto scientifico non lo saranno mai, ma restano pur sempre affascinanti congetture – cioè, in altre parole, sistemi scientifici possibili o alternativi. Visioni del mondo cui non possiamo “credere” ma che ci interessano (così come, per esempio, troviamo interessante la visione medievale del mondo, pur non potendo più considerarla “vera”). Dunque,
Domanda 3: Come valuta la fantascienza in rapporto alla letteratura mainstream?
Domanda 4: Crede che gli aspiranti scrittori possano trarre un beneficio dal fatto di essere appassionati del genere, intervenire sulle fantine e partecipare alle convention?
Un piccolo beneficio. Sarebbe utile se gli appassionati li facessero parlare, invece di tentare di istruirli. Parlare è compito dello scrittore: questi non deve mai trasformarsi in ascoltatore. Le idee della SF, però, non provengono dagli appassionati o, comunque, dall’ambiente: derivano – o almeno dovrebbero derivare – dal vasto mondo e, in particolare, dai suoi lidi più lontani. Da qualsiasi luogo, ma non dal giro degli appassionati.
Domanda 5: In base alla sua esperienza personale, quale/i fonte/i indicherebbe a uno scrittore principiante come la/e più feconda/e di idee per produrre storie di fantascienza?
Giornali che trattano delle più avanzate ricerche nel campo della psicologia clinica e, in particolare la scuola europea dell’analisi esistenzialista. C.G.Jung. Testi orientali come quelli sul buddismo zen, il taoismo ecc. Opere storiche realmente autorevoli – non le volgarizzazioni – come The Brutal Friendship. Opere medievali, soprattutto quelle che trattano di arti, come quella del soffiatore di vetro, e scienza, alchimia, religione ecc. La filosofia greca e la letteratura latina di ogni genere. Testi religiosi persiani. Studi rinascimentali di teoria dell’arte. Drammi tedeschi dell’epoca romantica.
Domanda 6: Crede che uno scrittore di fantascienza principiante dovrebbe concentrarsi sui racconti brevi invece che su romanzi, o viceversa? Perché?
Prima i racconti brevi, per imparare a padroneggiare questa forma più semplice. Poi, molto lentamente, lavorare a pezzi più lunghi – sulle venticinquemila parole, diciamo. Solo allora, affrontare un romanzo vero e proprio (circa sessantamila parole), basato sulla struttura di uno scrittore prescelto. Io, per esempio, per il mio primo romanzo mi sono basato su una struttura di A.E. Van Vogt. In seguito, acquistata più fiducia in me stesso, me ne sono allontanato. Assicurarsi, in ogni caso, di scegliere un autore esperto della forma romanzo (per esempio, non scegliete Ray Bradbury).
Domanda 7: Che suggerimenti può dare a uno scrittore principiante per quanto riguarda lo sviluppo di personaggi “realistici” e la scrittura di dialoghi efficaci?
Leggere scrittori moderni “di qualità”, soprattutto lavori brevi di Algren, Styron, Herb Gold e gli scrittori della cosiddetta New School, nonché gli ottimi scrittori di sinistra degli anni trenta come Dos Passos e Richard Wright, per risalire fino a Dreiser e Hawthorne, cercando di limitarsi agli scrittori americani (inclusi, ovviamente, Hemingway e Gertrude Stein), perché sono loro che hanno sviluppato il dialogo realistico. Provare anche i realisti francesi, come Flaubert, per la trama e la caratterizzazione. Evitare Proust e altri scrittori soggettivisti. Infine, studiare approfonditamente tutto James Joyce, dai suoi primi racconti brevi fino a Finnegans Wake.
Domanda 8: Crede che un romanzo efficace abbia bisogno di un messaggio o di una morale? Perché?
Assolutamente no! L’idea che un romanzo abbia bisogno di una morale o di un messaggio è profondamente borghese. Ai tempi dell’aristocrazia si riconosceva che non era compito dell’arte edificare o elevare: poteva avere successo grazie alla semplice capacità di impressionare. I quartetti d’archi di Mozart non sono edificanti, e ditemi quale sarebbe, per esempio, il messaggio o la morale dell’ultimo Beethoven. La musica è pura; anche la letteratura può esserlo, e tanto più lo diviene quanto più abbandona gli intenti edificanti o didascalici. Lo scrittore non ha alcuna autorità morale; non più del pubblico, comunque, e spesso meno di questo. Quale morale può mai insegnare? Quel che può fare è presentare le proprie idee.
Domanda 9: In che misura crede sia possibile determinare il punto di vista politico, religioso e morale di uno scrittore sulla base dell’esame delle sue storie?
Nel caso di un bravo scrittore, quest’operazione è impossibile. Solo un cattivo scrittore descrive il proprio punto di vista nei suoi lavori di narrativa. Comunque, è pur sempre possibile trovare pagine ben scritte in un testo “didascalico”. Al momento, però, non saprei citare un titolo (si pensi a Ray Bradbury: non c’è modo, leggendo le sue opere di capire quali ne siano le convinzioni personali; lo scrittore, in questo caso, scompare completamente e la storia si presenta da sé. Così, almeno, dovrebbe succedere). Credere che le convinzioni di un autore siano deducibili dai suoi scritti è uno degli errori capitali della critica letteraria: Freud, per esempio, compie ripetutamente questo terribile errore. Uno scrittore abile può adottare qualsiasi punto di vista richiesto dai suoi personaggi: su questo si misura la sua arte, la sua abilita nel liberare la propria opera dai pregiudizi personali.
Domanda 10: Nella realizzazione dei suoi scritti formativi, quale autore l’ha influenzata di più? Quali altri fattori – retroterra, istruzione ecc. – hanno avuto un’influenza rilevante?
L’autore che più mi ha influenzato è Van Vogt. Ma anche Tony Boucher (le sue osservazioni critiche, non i suoi scritti di narrativa). E mi ha influenzato anche l’interesse per i romanzieri giapponesi del dipartimento di francese dell’Università di Tokyo attivi dopo la seconda guerra mondiale. E l’interesse per la psicologia del profondo e le droghe. E quello per lo “strema of consciousness” à
Domanda 11: Qual è, oggi, a suo parere, il limite più consistente della fantascienza?
L’incapacità di esplorare le sottili, intricate relazioni tra i sessi. Gli uomini, nel rapporto che instaurano con le donne, si cacciano nelle situazioni più complicate, e
[Tratto dal libro: "Philip K. Dick. Vita breve e felice di uno scrittore di fantascienza" - Universale Economica Feltrinelli, 1995]