martedì, settembre 12, 2006

Five leaves left – Nick Drake (1970, Island Recordings)

Mancano ormai solo due mesi al termine di questo 1969 che sarà quasi certamente ricordato come una delle annate musicali più felici di questo decennio che ci avviamo a congedare: tra il grande evento di Woodstock, il boom degli americani Creedence Clearwater Revival, l'emergente rock trasgressivo dei Led Zeppelin (la band più in voga del momento), il nuovo ambizioso progetto degli Who e la recentissima meraviglia dei Beatles (nonostante le voci sempre più insistenti, finora smentite, sul un loro possibile scioglimento) per noi cultori della felicità in vinile c'è stato soltanto l'imbarazzo della scelta. Il 26 Novembre 2004 (trent’anni dopo) esce su etichetta Island "Five Leaves Left" di Nick Drake . Un nome sicuramente ancora sconosciuto ai più, ma fidatevi se vi dico che questo album è un capolavoro. Infatti questo 21enne studente di Cambridge non è il classico cantautore/menestrello à la Donovan di cui ormai non si contano più gli imitatori sparsi per il mondo, ma la sua proposta è decisamente più particolare, e per questo, colpisce dritta al cuore dell'ascoltatore. A differenza di Dylan, Drake non si vuole imporre come cantante "impegnato" e di protesta (scelta coraggiosa, di questi tempi), non ha l'ambizione di rappresentare la sua generazione (come ad esempio Simon & Garfunkel), nè riveste, come già detto, il ruolo di ennesimo cantastorie. Nella sua musica si può riscontrare al massimo qualche debito nei confronti di Van Morrison (un nome che ormai è diventato un metro di paragone per tutti i songwriters britannici) e del folk dei Fairport Convention, ma ciò non toglie che in questo disco il tema principale non sia altro che lui, la voglia di comunicare agli altri i suoi amori, le sue speranze, le sue passioni per l'arte e per la poesia: comunicare, finalmente, sè stesso. È timido, Drake: lo si capisce dalla foto sulla copertina, dal tono di voce sommesso, distaccato, quasi impersonale. Non rilascia interviste, non si esibisce dal vivo. È timido e ombroso, ma non abbastanza da nascondere il suo grande talento e la sua ambizione di essere scoperto e apprezzato dal grande pubblico: infatti per la realizzazione e la produzione delle dieci canzoni che costituiscono questo "Five Leaves Left" (il titolo è un riferimento a una scritta che compare nelle sue cartine per sigarette preferite) si affida allall'aiuto dell'amico Robert Kirby, chiamato all'ultimo momento per curare un arrangiamento d'archi che tradisce la sua passione per la musica sinfonica. Nella dolce ballata con venature country "Time Has Told Me" la complessità del sensibile animo di Drake si potrebbe riassumere nel semplice verso "Lascerò le strade che mi stanno facendo amare quello che non voglio veramente amare". L'atmosfera si fa tesa e dolorosa in "River Man", canzone inquieta che sembra nascondere dietro la storia dell'infelice Betty i fantasmi personali di Drake. Un piccolo bongo scandisce il tempo della lunga e ipnotica "Three Hours", ma probabilmente il vero capolavoro è la triste e dolcissima "Way To Blue" in cui la voce di Drake splende sulla piccola orchestra come una cometa in una notte stellata al polo Nord. Dopo pochi ascolti è difficile dovere scegliere un pezzo migliore di un altro, è quasi come se ti affezionassi ad ogni canzone come se fossero persone vere: la fatalista "Day Is Done" ("Quando il giorno è finito/ speri che la tua corsa sia giunta al termine/ poi scopri che si trattava di una falsa partenza/ e devi tornare al punto in cui sei partito"), il binomio amore & morte di "'Cello Song" ("Dimentica questo mondo crudele a cui appartengo/ non farò altro che sedermi e aspettare e cantare la mia canzone/ e se tu un giorno dovessi vedermi tra la folla/ dammi una mano e sollevami/ fino al tuo posto sulla nuvola") la dolce ed enigmatica "The Thoughts Of Mary Jane" ("Lei è venuta da uno strano mondo/ e ha lasciato la sua mente dietro di sè/ i suoi sospiri a lungo perduti/ e i suoi occhi lucidi e colorati/ raccontano al vento la sua storia") la bizzarra e jazzata "Man In Shed" (il momento più rilassato e "allegro" del disco). Chiudono questo folgorante esordio due canzoni che a furia di ascoltarle di continuo sto usurando la puntina del mio giradischi: la sublime "Fruit Free" che a mio avviso è un autentico manifesto artistico e concettuale di questo giovane cantautore ("La vita non è che un ricordo/ di quanto è accaduto molto tempo fa/ un teatro pieno di tristezza/ per uno spettacolo a lungo dimenticato") e il delicato blues di "Saturday Sun" ("E il sole del sabato si è trasformato nella pioggia della domenica/ così, la domenica si sedette sul sole del sabato/ e pianse per un giorno passato…"). È quindi un lavoro, quello di Drake, minimalista e introspettivo, ispirato dalla letteratura (Da John Keats a Oscar Wilde, fino a ricordare persino il Leopardi!) ma decisamente personale. Questo bellissimo disco, in fondo, parla di lui, è lui. E se voi vi innamorerete di lui come è successo a me per le emozioni che è capace di regalare, allora credo proprio che questo per Drake sarà l'inizio di una luminosa carriera: i presupposti per sfondare ci sono. Perciò voi tutti, lasciate stare per un attimo i vostri cantanti preferiti e acquistate questo disco dal vostro negoziante, ripeto: lui si chiama Nick Drake, il disco è "Five Leaves Left", su etichetta Island. Non ve ne pentirete.

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