venerdì, settembre 15, 2006

JOHN MARTYN - Solid Air (1973, Island)


JOHN MARTYN

Songwriter immaginifico, compositore fantasioso, chitarrista abile e dallo stile personalissimo, con 29 album pubblicati in trent'anni di attività discontinua segnata da crisi e alcolismo, John Martyn è stato uno degli artisti meno popolari ma più influenti della scena inglese. Eric Clapton in "Slowhand" riprese la sua "May You Never", Steve Winwood nel '72 lo volle per aprire il tour americano dei Traffic e in seguito fu ospite in "One World". Phil Collins produsse i tre dischi per la Wea. Michael Hedges lo ha citato come un modello per il suo sound chitarristico fatto di accordature aperte, di effetti elettronici e di picking giocato su poliritmie e circolarità delle parti. A diciott'anni John Martyn si era presentato sulla scena londinese armato di chitarra acustica e con un repertorio che andava dal blues a Gary Davis, dalle ballate tradizionali alle immancabili cover di Dylan e Woody Guthrie. Tutto rientrava fin qui nel copione revivalista di quegli anni, ma nel '67 al debutto discografico di "London Conversation" c'era soprattutto materiale proprio. La lezione era quella del folksinger Hamish Imlach che aveva illustrato a Martyn la possibilità di combinare approccio tradizionale e modernità con le sonorità contemporanee. Dall'anno successivo, con "The Thumbler", Martyn avvia un processo di decantazione del folk. Il sound rimane quasi completamente acustico, ma la chitarra è accoppiata a echi usati come strumento interlocutorio e di tessitura, in seguito resi popolari da "The Hedges" degli U2. E' lo strumento ad appoggiarsi alla voce scorbutica dal timbro morbido e roco, capovolgendo i ruoli tradizionali. L'operazione va avanti con oltre un album all'anno fino al 1977. Martyn è uno di quelli che, come Nick Drake e Tim Buckley, nel rock business non c'è mai entrato realmente. Inizia questo decennio con "The Apprentice", dove riscopre la chitarra acustica e le atmosfere meno chiassose. E' di pochi mesi fa lo straordinario "The Church With One Bell", un disco di cover che copre quattro generazioni di blues (Ben Harper, Randy Newman, Billy Gibbons, Rick Danko) interpretati con modernità unica per un genere che nell'insieme ha codici ben definiti. A 50 anni compiuti (è nato l'11 settembre del '48 a Glasgow), John Martyn sta entrando nella terza età e non solo anagraficamente. A dispetto dello scarso successo commerciale comunque mai ricercato seriamente, e nonostante una certa difficoltà a trovare i sul lavori, John Martyn rimane un artista molto amato e non solo da critica e colleghi. Oltre a quello ufficiale nel mondo sono oltre 130 i fans club, roba da rockstar, che quotidianamente raccolgono dischi, articoli e memorabilia su di un "cult-musician" di Glasgow che per un trentennio ha fatto di tutto per essere solo un semplicissimo uomo qualunque.

SOLID AIR - 1973, ISLAND

Il folk di Martyn parte dai canoni comuni ad altri cantautori, per poi contaminarsi con le suggestioni più disparate ed impensabili, dal jazz alla psichedelia, facendo sfoggio di una tecnica chitarristica invidiabile e di uno stile vocale senz’altro inconsueto. “Solid Air” è il concentrato di tutta l’arte espressa da John Martyn negli anni, qui alla sua sesta prova nonostante la giovane età – appena ventiquattrenne - . Trovano spazio infatti in questo suo disco del 1973 squisiti scenari lunari accompagnati dalla vigorosa chitarra acustica di Martyn, in grado di disegnare coordinate stilistiche difficili da individuare altrove. E se la title track – dedicata all’amico Nick Drake – è un raro esempio di folk jazzato dalla notevole carica emotiva, perle come “Dont’ want to Know” e “I’d rather be the devil” sembrano delineare un mondo folk nuovo, stupendamente ampliato da inquietanti interventi di viola, organo, percussioni, straordinari effetti come i ritardi, che cercano di far volare le direzioni in altri universi sconosciuti ai più, caratterizzati da tonalità scure ma terribilmente accattivanti. Non manca di emozionare la sognante “Go down easy”, tutta incentrata sulla voce e la chitarra di Martyn, mentre il jazz rock di “Dreams by the sea” risolleva gli animi in un concentrato di groove molto particolare, evidenziato da un piano elettrico indiavolato e da un solo di sax notevole. Su “May you never” si torna su un folk più canonico ma non per questo meno emozionante, dove ancora una volta John Martyn mette in rilievo la sua invidiabile tecnica sulla chitarra acustica. La magia che è possibile ammirare in “The man in the station” è la prova di classe del suo autore, uno dei geni incompresi dei suoi anni, una linea vocale trascinante ne traghetta l’incedere su tappeti pianistici d’effetto.
“Solid air” è uno dei grandi dischi degli anni 70, un’opera che mette in luce le infinite possibilità di contaminazione che è possibile attuare in un genere solo sulla carta poco incline a sperimentazioni come il folk rock. Un autore unico, difficile da imitare, il cui talento è impossibile da riscontrare in altri artisti, la cui arte probabilmente non avrà modo di brillare ancora come in questo disco, che rimane a mio modesto parere, la sua vetta artistica.


Dreams By The Sea

N-no, n-no, it can't be true
N-no, n-no, it isn't you
N-no, n-no, it's not the way you are
N-no, n-no, it isn't you
N-no, n-no, it can't be true
N-no, n-no, it's not the way you are

Bad dreams for me
Bad dreams by the sea

Dreaming you've got a lover
Dreaming I got another
Dreaming that there's a killer in your eyes
Dreaming that you're a user
Dreaming that I'm a loser
Dreaming that there's a killer in my eyes

Dreaming about a place of shades
Dreaming about the ace of spades
Dreaming that it's taking things too far
N-no, n-no, it can't be you
N-no, n-no, it isn't true
N-no, n-no, it's not the way you are

Solid Air - JOHN MARTYN

Anno di uscita: 1973
Etichetta: Island




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